È l’ultima vittima degli attentati compiuti dall’Isis a Bruxelles, Shanti De Corte, che nel 2016 era sopravvissuta agli attacchi terroristici all’aeroporto di Zaventem. Da quel trauma non si era mai ripresa, tanto da scegliere di morire per eutanasia all’età di 23 anni.
Gli attentati terroristici all’aeroporto di Bruxelles
È la mattina del 22 marzo 2016 quando, all’aeroporto di Bruxelles, a distanza di pochi minuti l’una dall’altra, si verificano due esplosioni, entrambe con attacco suicida. La prima colpisce la zona delle partenze del Terminal A, vicino ai banchi della fila 11 del check-in, mentre la seconda avviene all’altezza della fila 2. Sono 16 le persone a morire in seguito agli attacchi, mentre la bomba di un terzo attentatore non riesce ad esplodere. Intanto altre esplosioni, tutte rivendicate dall’Isis, si verificano in diversi convogli della metropolitana: il bilancio complessivo degli attentati è di 35 vittime (inclusi tre terroristi) e oltre 300 feriti.
Tra i sopravvissuti agli attacchi in aeroporto c’è Shanti De Corte, che all’epoca dei fatti ha solo 17 anni ed è in fila per prendere un volo verso Roma con altri 90 studenti della sua età della scuola Santa Rita di Kontich, in provincia di Anversa. Una gita scolastica spezzata sul nascere dalle bombe, che scoppiano a pochi passi dalla giovane, colpendo anche alcuni dei suoi amici. Lei rimane illesa. Ma è solo l’inizio di un calvario, perché dal trauma non sarebbe mai riuscita a riprendersi.
Shanti De Corte eutanasia a 23 anni
“Ho riso e pianto. Fino all’ultimo giorno. Ho amato e mi è stato permesso di sentire cos’è il vero amore. Ora me ne vado in pace. Sappiate che mi mancate già”. Queste le parole di addio affidate ai social dalla ragazza, che all’età di 23 anni ha chiesto e ottenuto lo scorso maggio l’eutanasia per l’insopportabile sofferenza psichiatrica sviluppata dopo gli attentati. Shanti De Corte se ne è andata il 7 maggio, ma la madre ha deciso di rendere nota la sua storia solo in seguito, quando ha raccontato il lungo calvario della giovane, fatto di ricoveri in reparti psichiatrici, depressione e disturbi post traumatici.
“Mi sveglio e prendo medicine a colazione, poi fino a 11 antidepressivi al giorno. Senza non posso vivere, ma con tutte queste pastiglie non provo più niente, sono un fantasma”, aveva scritto in passato la giovane, che già nel 2020 aveva tentato il suicidio, chiedendo più volte di poter mettere fine alla sua vita in maniera più dignitosa. La sua richiesta per il suicidio assistito è stata alla fine accolta dalla commissione federale per il controllo e la valutazione dell’eutanasia con il parere favorevole di due psichiatri.
Non sono mancate le polemiche, in seguito alla morte della giovane, e la procura di Anversa ha avviato anche un’indagine dopo che un neurologo dell’Ospedale Brugman di Bruxelles ha dichiarato che la decisione di concederle l’eutanasia fosse prematura. Dello stesso avviso anche Paul Deltenre, altro neurologo, convinto che si potessero provare altre terapie per cercare di salvare la giovane. Ma alla fine l’inchiesta si è conclusa dimostrando che sono state rispettate tutte le procedure del caso, ponendo fine al dolore di Shanti.
Nel riportare la notizia, il quotidiano La Stampa cita, non a caso, Primo Levi, sopravvissuto all’Olocausto e morto suicida nel 1987. Ne “I sommersi e i salvati” l’autore scriveva: “Hai vergogna perché sei vivo al posto di un altro? E in specie di un uomo più generoso, più sensibile, più savio, più utile, più degno di vivere di te? Non lo puoi escludere è una supposizione, ma rode; si è annidata profonda, come un tarlo; non si vede dal di fuori, ma rode e stride”, lasciandoci un’incredibile testimonianza della non-esistenza che tanti sopravvissuti si ritrovano a vivere.