Dalla melina alle schermaglie. Per definire l’atmosfera alla vigilia della direzione Pd, un big del partito aveva ricordato la mossa al Palio di Siena: tutti in attesa di vedere cosa avrebbe fatto l’altro. E’ ripartito il totonomi, anche se i più considerano questa fase ancora quella della pretattica, il riscaldamento per la partita. Appurato che il Pd non si scioglie, che il nome non dovrebbe cambiare, il simbolo neppure e ch, in attesa di definire nel dettaglio le tappe del percorso, nel Pd ci si esercita sui candidati.

Per i candidati alla guida del Pd, i nomi in campo ufficialmente sono due: quelli del sindaco di Pesaro Matteo Ricci e dell’ex ministra Paola De Micheli. Poi c’è il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini. A “bordo campo” c’è anche il sindaco di Firenze, Dario Nardella. E nelle ultime ore sta affiorando il nome di Marco Sarracino, segretario del Pd di Napoli e neoeletto parlamentare. “Ha 33 anni – viene fatto notare – E’ uno dei giovani della sinistra di Orlando che si sono fatti le ossa sui territori e sono diventati dirigenti”.

Bonaccini ha fatto capire che potrà essere in campo. Ma l’intenzione è quella di avere dalla sua un’ampia maggioranza del partito, e non solo gli ex renziani di Base riformista, che guardano con favore a una sua corsa. “Dobbiamo rigenerarci – ha detto Bonaccini – arrivare ad avere un nuovo gruppo dirigente, provare a indicare una strada per il futuro, che potrebbe anche essere una traversata nel deserto”.

Anche Dario Nardella ha lasciato intendere di essere disponibile. In direzione ha chiesto di “aprire al massimo la fase congressuale a chi non appartiene al partito, partendo da idee e programmi piuttosto che da autocandidature. La leadership – ha concluso – viene dopo la discussione”. Nelle ricostruzioni, si dice che una candidatura di Nardella potrebbe non dispiacere a Dario Franceschini. Nulla di ufficiale. Anzi, qualche assiduo frequentatore della politica, scherzando, ricorda che a Firenze capirono che Matteo Renzi avrebbe avuto un futuro ai vertici del Pd quando andò a trovarlo Franceschini, in città per una lettura dantesca di Roberto Benigni. Mentre in questi giorni, il ministro della Cultura a Palazzo Vecchio non si è visto. Almeno per ora.