È la prima retrospettiva mai realizzata in Italia su Max Ernst, quella ospitata a Palazzo Reale di Milano. Oltre 400 opere che ripercorrono le vicende biografiche e la carriera di uno dei più noti artisti tedeschi: pittore, scultore, poeta e teorico dell’arte, capofila del movimento Dada e di quello surrealista nella prima metà del Novecento. La mostra, a cura di Martina Mazzotta e Jürgen Pech, sarà visitabile fino al 26 febbraio 2023.
Max Ernst: biografia di un artista
Max Ernst nasce a Brühl, in Germania, nel 1891. Nel 1909 si iscrive all’Università di Bonn per studiare filosofia, frequentando al contempo anche corsi rivolti agli iscritti di psicologia, prima di abbandonare il suo percorso per dedicarsi al mondo dell’arte. Nel 1912 fonda, insieme ad August Macke, il gruppo Das Junge Rheinland, esponendo per la prima volta alcune sue opere. Nonostante il servizio militare obbligatorio, a cui è richiamato durante la Prima Guerra Mondiale, Ernst riesce a ricavare del tempo per le sue passioni, la pittura e la scultura, fondando il primo gruppo dada di Colonia. Ma il suo talento si sviluppa anche sotto l’influenza dell’espressionismo e del surrealismo, di cui conosce alcuni dei più importanti esponenti, come André Breton e Paul Éluard, decidendo di trasferirsi a Parigi. È negli stessi anni che elabora nuove tecniche pittoriche, come il frottage, basato sul principio dello sfregamento, da cui più tardi nasce il grattage (letteralmente “raschiamento”), che lo rendono celebre in tutto il mondo.
Mostra Max Ernst a Milano: il percorso espositivo
Sono oltre 400 le opere di Max Ernst esposte a Palazzo Reale tra dipinti, sculture, disegni, collages, fotografie, gioielli e libri illustrati. Si tratta della prima retrospettiva sull’artista tedesco mai realizzata in Italia, curata per l’occasione da Martina Mazzotta e Jürgen Pech, che hanno pensato ad un itinerario che ripercorre, passo dopo passo, tutta la sua carriera artistica, divisa in 4 grandi periodi all’interno di 9 sale tematiche. Ad accogliere i visitatori c’è Oedipus Rex (1922), uno dei dipinti più noti di Ernst, che compie un secolo proprio quest’anno. Poi ci si addentra nelle sale.
Le prime due, intitolate “La rivoluzione copernicana” e “All’interno della visione”, accompagnano la prima parte della biografia dell’artista, dal 1891 al 1921. Vi si narrano, quindi, gli anni della formazione in Germania; la Grande Guerra, combattuta in prima persona e sempre equiparata da Ernst a un periodo di morte, prima del ritorno alla vita; l’avvento rivoluzionario del Dada, l’invenzione del collage e la prima mostra in Francia. La seconda parte della biografia, che va dal 1922 al 1940, accompagna le due sale successive. Nella terza, “La casa di Eaubonne”, si propone una ricostruzione, integrata con frammenti originali, della casa affrescata in cui Max Ernst visse un vero e proprio ménage a trois con Gala ed Éluard, anche se il ruolo centrale dell’amore, dell’amicizia e dell’erotismo nelle scelte dell’artista e nella sua poesia diventa protagonista nella quarta sala, “Eros e metamorfosi”.
La mostra prosegue poi raccontando gli anni trascorsi da Ernst a Parigi e in Francia, l’affermarsi del surrealismo, le collaborazioni, i viaggi, le sperimentazioni, fino all’avvento della Seconda Guerra Mondiale, quando diventa prigioniero dei nazisti in quanto “artista degenerato”, prima di esiliare negli Stati Uniti. Proprio dall’inserimento nella scena internazionale di New York e il successivo trasferimento in Arizona partono le sale successive: “I quattro elementi”, “Natura e visione” e “Il piacere di creare forme”, in cui emerge, in particolare, il ruolo che la natura e il paesaggio ricoprono nell’invenzione di nuove tecniche (il frottage, il grottage, la decalcomania e il dripping).
Il ritorno in Europa segue invece nella sala numero otto, intitolata “Memoria e meraviglia”, che raccoglie opere dei diversi decenni e illustra come la storia della cultura, il ritorno dell’antico diventino fonti d’ispirazione e oggetto dell’arte meravigliosa di Ernst: un’arte che intrattiene con il passato e la memoria un rapporto intimo e consapevole. E, per l’ultima sala, “Cosmo e crittografie”, si è pensato a un gran finale, con lo sguardo rivolto alle stelle. Negli anni che precedono lo sbarco dell’uomo sulla Luna, arte e scienza dialogano nelle opere di Ernst, dischiudendo sguardi inediti sul cosmo.