Attraverso l’uso di speciali biosensori elettronici, da ora in poi sarà possibile intervenire in tempi rapidi per salvare le piante colpite dal batterio Xylella, prima che sia troppo tardi. Questa nuova tecnologia arriva dal progetto tra l’Università di Bari e il Cnr insieme all’azienda Agritest.
Biosensori elettronici per scovare anche un singolo batterio di Xylella fastidiosa in tempi rapidi, prima che ne siano visibili gli effetti, permettendo così interventi più efficaci. È questo l’obiettivo di uno studio realizzato dai ricercatori dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante (Cnr-Ipsp) e dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie (Cnr-Ifn) del Consiglio nazionale delle ricerche, in collaborazione con i Dipartimenti di Chimica, Farmacia-Scienze del Farmaco e Fisica dell’Università degli studi di Bari, e con il contributo di Agritest S.r.l. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Advanced Science, prestigiosa rivista internazionale ad elevatissimo Impact Factor.
Biosensori Xylella: “La piattaforma rivelerebbe il batterio in 30 minuti”
“La rivelazione ultrasensibile di Xylella fastidiosa si è avvalsa fino ad ora di test di rilevamento molecolare, che impiegano come target il Dna del batterio stesso. Tali analisi, tuttavia, prevedono l’impiego di infrastrutture di laboratorio, assieme a tempi di analisi di almeno 3 ore. L’innovativa piattaforma elettronica proposta dal team di ricercatori baresi consentirebbe invece la rivelazione del singolo batterio in appena 30 minuti direttamente in campo”, ha spiegato Luisa Torsi, professoressa ordinaria di chimica analitica dell’Università di Bari e vice-presidente del Consiglio scientifico del Cnr, che ha coordinato la ricerca.
“Al momento, la rivelazione precoce del batterio e le misure di contenimento messe in atto sui territori regionali sembrano aver rallentato la corsa del batterio. Servono strumenti rapidi e affidabili per diagnosticare e intervenire precocemente cercando di arrestare la malattia, per la quale finora non sono state trovate cure capaci di risanare le piante infette”, ha aggiunto Donato Boscia, responsabile della sede barese dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante (Cnr-Ipsp), e tra i pionieri nella lotta a Xylella fastidiosa in Puglia.
Scamarcio: “la piattaforma consente un’analisi veloce e ultrasensibile”
Il risultato ottenuto ha grande rilevanza per la rivelazione precoce di organismi patogeni delle piante e per l’attuazione di misure preventive. “Ad esempio, i biosensori basati sulla tecnologia dei transistori a singola molecola (SiMoT) hanno prospettiva concreta di poter essere impiegati per la diagnostica in campo di malattie infestanti delle piante”, ha affermato Eleonora Macchia, ricercatrice del Dipartimento di Farmacia-Scienze del Farmaco dell’Università di Bari, vincitrice di un progetto Erc Starting Grant.
“I principali limiti dei metodi ‘classici’ di laboratorio riguardano la necessità di dover ricorrere a personale specializzato e l’impiego di strumentazioni complesse”, hanno concluso Luisa Torsi e Gaetano Scamarcio, professore ordinario presso il Dipartimento Interateneo di Fisica dell’Università di Bari e associato della sezione Cnr-Ifn di Bari. “È evidente come una piattaforma così robusta consenta un’analisi accurata, veloce e ultrasensibile, rappresentando quindi uno strumento potentissimo contro la diffusione di Xylella fastidiosa”.
Altri 42 ulivi infetti in Puglia
Il batterio killer ha infettato altri 42 ulivi portando le piante colpite da Xylella fastidiosa a 214 di cui 9 sono nel territorio di Fasano.
La Coldiretti Puglia afferma che sulla base del 10° monitoraggio con le analisi di laboratorio che hanno conclamato la malattia su 9 ulivi a Fasano, 14 a Martina Franca e 2 a Locorotondo, tutti in zona contenimento, mentre sono 17 gli ulivi infetti da Xylella a Polignano, di cui 11 in zona cuscinetto e 6 in zona indenne.
Per provare ad invertire la rotta, dicono dall’organizzazione, Coldiretti e Unaprol sono impegnati nel tentativo di salvare la piana degli ulivi monumentali dal batterio della Xylella che sta distruggendo l’olivicoltura pugliese, con gli innesti e sostenendo nuovi metodi di sorveglianza, come la task force cinofila, col supporto scientifico dei ricercatori dell’Ipsp del Cnr.