Chiusi dalla Gdf 545 canali Telegram dove ogni giorno decine di quotidiani venivano consultati illecitamente senza il rispetto del copyright da quasi 600 mila utenti. Il documento poteva inoltre essere inviato anche un numero illimitato di volte, denunciate 8 persone per violazione della legge sul diritto d’autore.
Nei canali di Telegram venivano diffusi ogni giorno decine di quotidiani appartenenti a quasi tutti i gruppi editoriali italiani, tra cui il gruppo Gedi che pubblica i quotidiani La Repubblica e La Stampa. Dagli accertamenti della finanza è emersa l’esistenza di un “collaudato sistema di diffusione non autorizzato non solo di quotidiani e riviste ma anche di palinsesti televisivi, serie tv ed altri contenuti a pagamento distribuiti via internet dalle maggiori piattaforme di streaming”.
Otto persone sono state denunciate perché accusate di violazione della legge sul diritto d’autore. Gli autori del sistema di diffusione illegale si servivano di nomi di fantasia per evitare di essere identificati dalle forze dell’ordine. I diffusori dei materiali si assicuravano un guadagno attraverso i banner pubblicitari o link affiliati che permettono a chi li diffonde di incassare una percentuale dalle vendite concluse dagli utenti.
L’importanza dell’indagine condotta dal Nucleo speciale “tutela privacy e frodi tecnologiche” della Guardia di Finanza è una delle poche indagini di questo genere che ha portato non solo all’oscuramento di 545 canali della piattaforma di messaggistica, attraverso i quali almeno 430 mila utenti hanno avuto indebitamente accesso ai contenuti senza pagare alcuna somma, ma anche a identificare e indagare i gestori dei canali Telegram.
Un numero calcolato per difetto dei reali fruitori dei contenuti piratati, perché una volta scaricato il documento dal canale Telegram era possibile inoltrarlo un numero illimitato di volte ad altre utenze telefoniche. Creando così un danno incalcolabile alle aziende editoriali.
Canali Telegram quotidiani: l’indagine e 8 persone denunciate
Erano infatti decine le testate che venivano diffuse ogni giorno nelle chat, appartenenti a quasi tutti i gruppi editoriali italiani, dal Sole 24 ore al gruppo Gedi, da Rcs a Poligrafici editoriale.
L’indagine del procuratore aggiunto Eugenio Fusco e del pm Carlo Scalas è partita due anni fa dalla denuncia presentata dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia, con la quale era stata documentata l’illegale diffusione online delle copie.
Sono otto le persone denunciate tra Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Campania, accusate di violazione della legge sul diritto d’autore. Quella emersa è una rete illegale molto più ampia di quella prefigurata in denuncia, con una sofisticata struttura tecnologica utilizzata per impedire di risalire ai reali autori della diffusione online, schermati dietro alias e nomi di fantasia.
Il sistema garantiva notevoli guadagni agli organizzatori, attraverso due distinti meccanismi di pagamento. Innanzitutto, con la cosiddetta “affiliazione”, cioè l’inserimento nelle schermate Telegram di link a siti di commercio elettronico, con una percentuale delle vendite concluse che veniva incassata dagli organizzatori. E poi anche dai classici banner pubblicitari pagati dagli inserzionisti.
Quella del quarto dipartimento della procura, specializzato nel contrasto delle frodi e dei reati informatici e nella tutela dei consumatori, è una delle poche indagini di questo genere nella quale, come in un’altra simile conclusa un paio di anni fa a Bari, oltre all’oscuramento dei canali si è arrivati anche a indagare i gestori.
Da verificare anche la responsabilità degli utenti
Gli investigatori dovranno anche verificare eventuali responsabilità degli utenti finali dei contenuti. Utilizzando il sistema illegale per leggere quotidiani e riviste, non solo si danneggiano le aziende editoriali che perdono gli introiti da vendite di copie o abbonamenti online, ma si indebolisce anche l’intero sistema informativo con grave danno per il pluralismo e la democrazia.
Una stima del danno provocato al sistema di produzione di contenuti (giornalistici, artistici, televisivi, di spettacolo) è molto difficile, anche se il numero di abbonati ai canali colloca i mancati ricavi a diverse decine di milioni di euro.