L’omicidio di Mattia Caruso da parte della fidanzata porta all’attenzione il fenomeno della violenza di genere compiuta dalle donne.
Omicidio Mattia Caruso, l’empatia verso le donne e la giustificazione delle violenze femminili
L’omicidio di Mattia Caruso, ragazzo di trent’anni assassinato dalla fidanzata Valentina Boscaro con una pugnalata al cuore, la notte del 25 settembre ad Abano Terme, continua a far discutere.
Come ogni caso di cronaca nera particolarmente sconvolgente – si pensi al bambino rapito a Brescia da suo padre, e al disagio psicologico dell’uomo, colpevole in passato di episodi di violenza domestica – si susseguono analisi e tentativi di comprendere i motivi di gesti simili. In questo caso particolare, è la violenza commessa da una donna su un uomo uno degli elementi su cui prestare maggior attenzione. La Dr.ssa Fulvia Siano, Segretario Nazionale Associazione ‘Perseo’, è intervenuta nel corso della trasmissione “Prisma” su Cusano Italia Tv, concentrandosi sull’atteggiamento diffuso che porta media e opinione pubblica a ‘giustificare’ simili atti, quando commessi da una donna.
“Quando è un uomo a commettere omicidio, li chiamiamo mostri, nel caso di Valentina Boscaro, è stata chiamata Dark Lady. Il tentativo di empatizzare verso la donna è una costante in casi del genere e da questo deriva la possibile giustificazione del suo gesto“.
Le false accuse di alcune donne: un enorme problema sociale
A conferma della sua tesi, la dottoressa Siano si sofferma, poi, sulle dichiarazioni della Boscaro, che ha spiegato le ragioni dell’omicidio di Mattia Caruso affermando che si trattasse di un tentativo di autodifesa a seguito dell’aggressione dell’uomo. False accuse di questo tipo, sostiene la Siano, sono molto più numerose di quanto si pensi e le loro ricadute sono drammatiche, sia sul piano sociale sia su quello dei finanziamenti ai centri anti-violenza che intervengono a sostegno delle vittime.
“Le false accuse distruggono la persona accusata ma anche le donne che fanno vere denunce. E le false accuse sono una percentuale dell’80% sul totale. Stiamo parlando di un problema sociale enorme. Su tutto il territorio italiano, vi sono almeno 300 centri anti-violenza femminili, che si occupano solo di donne e che non considerano la violenza subita da altre donne, perché l’assunto è che la violenza debba essere sempre commessa da uomini. Questi centri sono quelli che danno poi le statistiche alle regioni da cui dipendono i finanziamenti. Quando si dice che le violenze subite dagli uomini sono meno frequenti, dovremmo chiederci: in base a quali dati? Ma, anche se fossero meno numerosi rispetto ai casi di violenza subiti da donne, questo significa che non se ne dovrebbe parlare?“
La difficoltà degli uomini a denunciare
Il problema della violenza di genere subita dagli uomini porta, infine, a un’altra dinamica analizzata finora solo dal punto di vista femminile: la difficoltà nel denunciare i propri carnefici, comune anche negli uomini e per ragioni non molto diverse da quelle delle donne.
“C’è molta difficoltà nel denunciare da parte degli uomini. Spesso dobbiamo accompagnarli a farlo. Non lo fanno perché si vergognano o non vengono creduti oppure, quando sono padri, dicono che non se la sentono perché la donna è la madre dei loro figli“.