Non un percorso “ordinario”, congressi locali-gazebo-nuovo segretario, ma una “vera occasione costituente”. E’ questa l’idea che Enrico Letta ha in mente per rimettere in sesto il partito e arrivare al “nuovo Pd” necessario per ripartire. La direzione di domani segnerà il primo passo di una road map che rappresenta già un primo nodo da sciogliere. Chiede tempi certi Base riformista, area guidata da Lorenzo Guerini: “Giusto discutere e allargare, ma poi una linea ci deve essere – è il ragionamento – il congresso da statuto è a marzo, oltre lì non si può andare”. Non tutte le altre anime, però, concordano. “Loro hanno già il candidato, visto che Bonaccini è in pista, ma affrettare i tempi va in contrasto con il tentativo di allargare la discussione – ragiona qualcun altro, dell’ala sinistra del partito – Se sacrifichiamo la fase dell’apertura proposta da Letta per arrivare subito alla conta non facciamo un bel servizio al Pd, in mezzo ci sono anche le Regionali in Lazio e Lombardia”. Per il segretario, in ogni caso, l’obiettivo è fare tutto in un tempo “congruo”, chiudendo per febbraio-marzo. E a Stefano Bonaccini, che domani sarà al Nazareno e non intende mettersi di traverso, potrebbe anche andare bene.
Domani, in ogni caso, ognuno potrà dire la sua. Le cariche apicali a disposizione nel breve termine sono le presidenze dei due gruppi e le vicepresidenze di Camera e Senato. In tanti scommettono sulla riconferma delle attuali capigruppo, Simona Malpezzi e Debora Serracchiani, sia in vista del congresso sia come “pezza” al buco rappresentanza. E non è escluso che anche Anna Rossomando possa restare in carica a palazzo Madama come vicepresidente. Resta comunque il campo anche il secondo schema, che prevede un accordo di tutte le anime del partito su figure nuove, “native Pd e senza attestati di corrente”.