Che cos’è il price cap: è un massimale di prezzo, con il quale i Paesi potrebbero continuare ad acquistare gas dall’oleodotto russo purché il prezzo non superi una soglia concordata. Questo nell’ipotesi, ovviamente, che il fornitore non decida di dirottare il gas verso altri mercati.

Che cos’è il price cap: il tetto al prezzo del gas importato dalla Russia

Il price cap è un termine divenuto ormai di stretta attualità a causa della crisi energetica e delle conseguenze della guerra in Ucraina. Questo meccanismo impone che l’aumento dei prezzi o delle tariffe non può superare un valore calcolato sottraendo al tasso d’inflazione sui beni di consumo una quota minima di aumento della produttività.

Con questo sistema le pubbliche utilità se non vogliono veder peggiorare la propria redditività devono condurre la propria produttività verso livelli di crescita superiori al livello minimo richiesto.

L’effetto congiunto del price cap è determinato dal rallentamento della spinta inflattiva, causato dal fatto che le tariffe aumentano in ogni caso ad un ritmo meno elevato rispetto agli incrementi subiti dai prezzi dei beni di consumo.

Questa tecnica è applicata con successo in Gran Bretagna e in Francia ed è stata adottata anche in Italia per regolare le tariffe dei servizi di pubblica utilità. In questo caso il limite sarebbe imposto solamente al combustibile importato dalla Russia, mentre non vi sarebbero alterazioni nelle trattazioni con gli altri Paesi con cui abbiamo accordi, come Qatar, Egitto e Algeria.

Il Price cap, per introdurre un tetto al prezzo del gas importato dalla Russia via tubo cerca quindi di fissare un tetto massimo che si prefigurerebbe come nuova sanzione contro Mosca, oppure istituire un’entità unica europea per acquistare il gas a un determinato prezzo, che non dovrebbe scendere sotto i 35 euro a megawattora.

Al vaglio anche l’ipotesi di creare una “zona rossa” per i Paesi più esposti ai tagli delle forniture russe, tra cui l’Italia, dove potrebbe essere fissato un prezzo temporaneo amministrato per il gas legato all’andamento del Ttf, la piattaforma di Amsterdam, che indica il mercato di riferimento in Europa per lo scambio del gas naturale.

Due modi di agire

L’idea di imporre un tetto ai prezzi è piuttosto intuitiva, il problema è come si mette in pratica. Si potrebbe agire in due modi, il primo sarebbe quello di utilizzare il tetto come una nuova sanzione alla Russia, con il rischio di inasprire ulteriormente gli animi, oppure istituire una centrale di acquisti europea. 

Secondo il professor Michele Polo, docente di Economia politica presso l’Università Bocconi di Milano, l’opzione migliore sarebbe la seconda, perché:

“Non è possibile immaginare una negoziazione di ogni singolo importatore con Gazprom perché lo squilibrio della capacità negoziale sarebbe enorme e lo stesso monopolista non ci starebbe. La possibilità immaginata a livello europeo è quello di attribuire alla Commissione europea il ruolo di negoziatore unico per tutte le importazioni ai Paesi europei e quindi contrapporre a un monopolista lato offerta un monopolista lato domanda”.

I possibili rischi

L’eventuale accordo sul price cap dovrà contenere anche un passaggio fondamentale, ovvero l’Europa dovrà essere pronta ad accettare uno stop alle forniture.

D’altronde, Mosca sta utilizzando il blocco del Nord Stream 1 proprio come arma di ricatto contro le sanzioni e il Cremlino ha già messo in chiaro che i lavori di manutenzione al gasdotto proseguiranno fino a quando queste misure non verranno ritirate.

Ha senso quindi aspettarsi una risposta ancora più dura di fronte all’imposizione di un tetto massimo, oltre il quale il gas russo proprio non verrà acquistato.

Marcel Salikhov, direttore dell’Istituto di Energia e Finanza della Scuola Superiore d’economia di Mosca, ha in realtà parlato di un “gioco pericoloso”, dove è proprio la Russia a rischiare di perdere.

Non è facile infatti reindirizzare i flussi di combustibile in così poco tempo e tra l’altro la Cina non ha ancora pronti gli impianti per importare il gas dalla Federazione russa. Nell’arco dei prossimi tre anni, potrebbero aver trovato una nuova destinazione solo 10 miliardi di metri cubi dei 135 totali che l’Europa comprava non più tardi del 2021. Inoltre, l’idea è quella di offrire a Mosca un prezzo che comunque risulterebbe appetibile.

L’UE sta inoltre lavorando per ridurre la sua dipendenza dalla Russia. Ad esempio, se fino allo scorso anno il 40% del gas che l’Italia importava proveniva da lì, oggi la percentuale si è abbassata al 18%.