La proposta di uno nuovo strumento di debito comune lanciata dai commissari europei, Paolo Gentiloni (Economia) e Thierry Breton (Mercato interno), sul modello Sure (il pacchetto da 100 miliardi di euro di prestiti creato dalla Commissione per finanziare la cassa integrazione durante il Covid), divide l’Unione europea. Le opinioni divergono non solo tra gli Stati ma anche all’interno della stessa commissione.
È una questione che va discussa, ci sono diversi punti di vista“, ha glissato il vice presidente dell’esecutivo europeo, Valdis Dombrovskis. Tradizionalmente sempre molto attento alla stabilità dei conti pubblici.
“Gli editoriali sono iniziative personali dei commissari competenti, non impegnano la Commissione“, ha precisato Eric Mamer, il portavoce della presidente Ursula von der Leyen che ha tuttavia ricordato che la stessa presidente, nel suo discorso a Sofia all’inaugurazione del gasdotto tra Grecia e Bulgaria, abbia rammentato l’esigenza di “soluzioni europee che tutelino il Mercato interno“.
Crisi energetica. La censura sui tedeschi
“Il punto non è criticare nessuno Stato ma trovare la possibilità di compiere ulteriori passi. Se vogliamo evitare la frammentazione ci serve un alto livello di solidarietà, e dobbiamo mettere in campo qualche altro strumento comune. Quello che abbiamo fatto con Sure durante la pandemia era una proposta interessante“, ha invece insistito Gentiloni al suo arrivo alla riunione dell‘Ecofin a Lussemburgo.
“È basato sui prestiti e potrebbe essere realistico. Ovviamente non è qualche cosa che discuteremo oggi ma voglio chiarire che il nostro obiettivo è aumentare la solidarietà per evitare la frammentazione e non criticare questo o quello Stato“, ha sottolineato.
“Penso che sia l’opinione individuale dei due commissari, mi sembra non sia l’opinione generale all’interno della Commissione“, ha tagliato corto il ministro delle Finanze austriaco, il falco Magnus Brunner. “Non dobbiamo per forza inventare nuovi strumenti per ogni nuova situazione, ci sono miliardi e miliardi disponibili e vanno usati quelli”, ha chiarito la sua collega olandese, Sigrid Kaag.
Nel frattempo la Germania continua a difendersi: “Il nostro piano è proporzionato alla nostra economia, è spalmato su tre anni e può giustificare un nuovo ricorso a strumenti come Sure“, ha detto il ministro delle Finanze, Christian Lindner.
“È una crisi diversa questa, non è uno shock della domanda che andrebbe alimentata. Siamo di fronte a uno shock dell’offerta e in uno scenario di alta inflazione. Non si possono replicare gli strumenti usati durante il Covid“, ha spiegato.
Parole simili quelle pronunciate poi dal cancelliere Olaf Scholz che ha invitato i colleghi europei a usare appieno i fondi del Next Generation Eu. Intanto all’Ecofin è stato compiuto un passo per usare i fondi del RepowerEu, che sarà un nuovo capito dei Piani nazionali di ripresa e resilienza dedicato all’indipendenza dai fossili russi.
I ministri hanno raggiunto l’accordo sui criteri per la suddivisione dei 20 miliardi di sovvenzioni ma non hanno chiarito come sarà gestita la quota rimanente dai 200 miliardi di prestiti che non verranno richiesti dagli Stati. Perché appunto non tutti gli Stati europei hanno bisogno di uno Sure.