Il caro bollette rischia di frenare la modalità di lavoro a distanza. Ad oggi infatti, solo il 20% dei lavoratori è favorevole allo smartworking a causa dei forti rincari delle bollette di luce e gas. Finora sono state soprattutto le imprese del nord-est a utilizzare il lavoro a distanza (70%), contro il 53% del nord-ovest e il 57% del centro e il 30% del sud

Caro energia e smart working, i sindacati: “Servono i rimborsi”

Il problema sollevato dai sindacati è l’assenza di rimborsi economici legati ai rincari energetici che stanno affliggendo il Paese. Secondo i conti dell’Inapp (l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) gli aumenti di luce e gas avranno pesanti conseguenze su circa 700mila statali che lavorano da casa. E con l’arrivo dell’inverno e della stagione fredda, il problema potrà solo andare verso la peggiore, costringendo chi lavora da casa a mantenere i riscaldamenti accesi anche per otto – se non dodici – ore.

I sindacati chiedono che i contratti per regolare il lavoro agile prevedano indennizzi adeguati per le bollette. In realtà, il nuovo contratto che disciplina lo smart working nel pubblico non chiude all’ipotesi indennità per chi opera a distanza, ma rinvia alla contrattazione integrativa. Di fatto però non ci sono risorse e quindi la richiesta dei sindacati appare difficilmente realizzabile. 

La questione dei buoni pasto 

C’è anche la questione dei buoni pasto, che nella maggior parte dei casi non sono previsti per gli smart worker. Nei Piani per l’organizzazione del lavoro agile dei ministeri dell’Interno e dell’Istruzione per esempio chi lavora a distanza non ha diritto all’erogazione, mentre altri dicasteri non hanno preso decisioni al riguardo e si rimanda alla contrattazione integrativa. 

Non si prevedono compensazioni neanche per i fragili, a cui fino al 2023 è consentito l’accesso agevolato al lavoro da remoto a condizione che soffrano di determinate patologie.