Colpo di Stato Burkina Faso. Sono passati 9 mesi per l’esattezza e in Burkina Faso si consuma un nuovo Golpe. Dunque un secondo blitz che vede come protagonista il capitano dell’esercito Ibrahim Traore defenestrare il leader militare Paul-Henri Damiba colpevole secondo i militanti dell’esercito di non aver saputo gestire l’aggravarsi dell’insurrezione islamica.

L’annuncio della decadenza immediata dell’esecutivo e della costituzione è stato fatto alla televisione nazionale TBR, dopo che la sospensione delle trasmissioni aveva fatto temere nuovi sommovimenti nella giunta militare.

Ora vige la regola della chiusura delle frontiere del Paese fino a nuovo ordine ed è stato imposto un coprifuoco dalle 21 alle 6 di mattina e si prospetta una situazione ulteriormente compromessa che segna l’inizio di nuove rivoluzionarie proteste.

Colpo di stato in Burkina Faso: Sahel nella morsa fra golpe e violenze

Già da qualche ora, lungo il corso della giornata si assaporava il timore di un nuovo golpe, dopo che nella capitale Ouagadougou sono stati avvertiti delle sommesse, spari ed esplosioni.

Infatti, centinaia di persone si sono riversate a Place de la Nation, la piazza centrale di (Ouaga), in sostegno dei militari contro la fine della giunta salita al potere nel gennaio 2022 (anch’essa con un colpo di stato).

Rovesciamenti continui e manifestanti imbestialiti. Sono apparse anche bandiere russe, già sventolate in occasione del golpe dello scorso gennaio, oltre a slogan contro gli ex coloni francesi.

Ricordiamo che nel Mali, la giunta militare che si è insediata a Bamako ha troncato inesorabilmente i rapporti con Parigi avviando d’altra parte una sorta di «collaborazione» con contractors russi della compagnia privata Wagner.

E’ acclarato che sistematicamente c’è sempre la solita motivazioni dietro questo tipo di blitz: l’inadeguatezza delle autorità a sopprimere le violenze terroristiche. Ed è stata anche la ragione che aveva portato alla fine del governo democratico all’inizio dell’anno e che ha spinto in ultimo Traore a delegittimare Damiba.

Oggi più di prima le violenze terroristiche condite da brutali azioni nei confronti dei cittadini, donne e bambini dilagano nelle zone di confine fra Niger e, appunto, Burkina Faso e Mali, non a caso colpiti da quattro golpe nell’arco di due anni appena.

Il Burkina Faso, è il paese che ha subito più di tutti negli ultimi anni: in particolare, è degenerato da modello di stabilità a uno dei paesi più martoriati dalla crescita di violenze terroristiche. Gli attacchi e le conseguenti ribellioni, hanno creato un vortice di violenza senza fine iniziato nel 2015 che ha portato alla conta di almeno 2mila vittime e costretto allo sfollamento due milioni di burkinabè.

Le formazioni sono legate a network internazionali come Isis e Al Qaida, anche se il proselitismo avviene soprattutto cavalcando la tesi del rancore della popolazione per autorità ritenute corrotte, distanti o conniventi con gli ex coloni.

Colpo di stato Burkina Faso: nuovi blitz negli ultimi anni

Negli ultimi tre anni dopo il Mali nel 2020, Ciad, Guinea, ancora Mali e Sudan nel 2021 e lo stesso Burkina Faso nelle prime battute del 2022 e l’ultimo colpo di Stato di queste ore ad opera di Traore è il settimo in meno di tre anni.

In una confusione generale la paura si accentua maggiormente, le criminalità non organizzate si insinuano e di conseguenza si instaura nei paesi sottosviluppati l’instabilità. Ed è proprio quello che accade nella regione saheliana, dove l’ascesa delle milizie terroristiche legate allo Stato islamico minano ogni giorno, ogni maledettissima ora gli equilibri di una regione che si vede ancora più martoriata da povertà e ricadute del cambiamento climatico.

Delle milizie terroristiche fanno parete, gli jihadisti, soliti a preferire attacchi contro le persone, piuttosto che contro edifici o obiettivi istituzionali, al fine di innescare una risposta emotiva da parte dell’opinione pubblica.

A causa dei loro attenta le regioni colpite dalla loro delinquenza scappano, ma finché possono, per quelli che rimangono è un subire continuo di soprusi su soprusi. Uno degli ultimi episodi prima del loro nuovo avvento di queste settimane risale ad appena due anni fa: almeno 400mila persone non avevano potuto votare alle elezioni politiche perché i seggi erano rimasti chiusi per evitare violenze contro la popolazione.