Una bella notizia per la neomamma Albina, la prima donna trapiantata di utero in Italia che aveva partorito quasi un mese fa una bimba di 1,725 grammi. È stata dimessa dall’ospedale Cannizzaro di Catania.

Per la piccola Alessandra (chiamata come la donna donatrice di 37 anni, già madre, deceduta per arresto cardiaco improvviso e che aveva espresso in vita il proprio consenso alla donazione al momento del rinnovo della carta d’identità) bisognerà attendere un altro pò.

La 31enne, era nata priva di utero a causa di una rata patologia congenita, la sindrome di Rokitansky. Il trapianto era stato effettuato nell’agosto 2020 in piena pandemia presso il Centro trapianti dell’Azienda ospedaliero universitaria Policlinico di Catania da un’equipe multidisciplinare composta dai professori Pierfrancesco Veroux, Paolo Scollo, Massimiliano Veroux e Giuseppe Scibilia, nell’ambito di un programma sperimentale coordinato dal Centro nazionale trapianti.

Quello che accaduto in Italia qualche settimana fa è il sesto caso al mondo di una donna che dopo il trapianto dell’utero porta a termine la gravidanza e partorisce. Una gran bella soddisfazione per i medici italiani attori di questa bellissima storia a lieto fine.

La paziente è stata assistita dall’équipe del dottor Scollo sin dall’inizio. Dalle fasi iniziali del programma nazionale di trapianto di utero, poi nel percorso di fecondazione assistita e infine nella gravidanza, fino alla «negativizzazione» da Sars-CoV-2.

Nell’attesa della negativizzazione, la paziente è rimasta ricoverata prima in Terapia intensiva e poi nell’Unità operativa complessa di Ostetricia e ginecologia, clinicizzata dell’università Kore di Enna, diretta dal professor Paolo Scollo.

Queste le parole di Albina in un video quando era ancora sotto osservazione per la positività:

“Salve, sono in ripresa, mi sto riprendendo e non vedo l’ora di uscire per vedere la mia piccola ed abbracciarla

Così le parole nello stesso giorno del professore nonché direttore del reparto di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale Cannizzaro di Catania di qualche settimana fa che spiegavano la nascita prematura della bimba:

«Il tentativo di fecondazione è andato a buon fine e la signora ha condotto una gravidanza regolare fino alla 30esima settimana quando ha contratto il Covid ed è stata pertanto ricoverata nella sezione della Ginecologia del Cannizzaro dedicata alle pazienti positive»

«L’infezione è stata per un certo tempo asintomatica ma, qualche giorno fa, un episodio di febbre alta e conseguenti contrazioni ci ha indotto a procedere con un taglio cesareo”. Il parto è così avvenuto alla 34esima settimana. 

Adesso la donna dopo tre settimane si trova in buone condizioni di salute e continuerà anche dopo le dimissioni ad essere monitorata dagli specialisti. Ha visto anche la sua bambina, che data la condizione di prematurità, è stata sottoposta a terapie antibiotiche e ad assistenza respiratoria non invasiva.

I medici neonatologi dell’ospedale Cannizzaro per dimettere anche la piccola stanno aspettando che lei raggiunga un soddisfacente livello di autonomia nell’alimentazione.

Trapianto utero, mamma dimessa: Il programma di trapianto utero in Italia

Il programma nazionale di trapianto di utero è stato autorizzato in via sperimentale dal Consiglio superiore di sanità nel 2018 ed è attivo dal 2019 presso il Centro trapianti del Policlinico di Catania. Finora sono stati realizzati con successo due interventi: il primo nell’agosto 2020 e il secondo nel gennaio 2022. 

Il protocollo sperimentale ha come obiettivo proprio il successo di una gravidanza della paziente trapiantata. Il primo passo è la riuscita del trapianto dell’organo da un punto di vista funzionale; successivamente, circa un anno dopo l’intervento, una volta stabilizzato il quadro clinico della paziente, viene avviato il percorso di procreazione medicalmente assistita.

Secondo i criteri definiti dal protocollo, le potenziali candidate al trapianto sono donne con età compresa tra i 18 e i 40 anni con anamnesi negativa per patologie oncologiche, assenza di pregresse gravidanze a termine con esito positivo, affette da patologia uterina congenita (sindrome di Rokitansky) o acquisita (atonia uterina postpartum).

Al momento in lista d’attesa sono arruolate 5 donne. La sperimentazione italiana prevede inoltre che le donatrici siano donne decedute tra i 18 e i 50 anni ed esclude per ora la donazione da vivente.