Sono a centinaia, nelle ultime ore, i video diventati virali su Tik Tok in cui gli utenti si riprendono durante il voto in cabina elettorale mentre appongono la X su un candidato o su un partito. Un comportamento contro la legge, dal momento che agli elettori è richiesto di lasciare il proprio cellulare prima di entrare a votare.
Cosa rischia chi si filma durante il voto
Nonostante i numerosi video che mostrano vari utenti riprendersi al momento del voto, in realtà portare il proprio cellulare in cabina elettorale sarebbe vietato, così come qualunque altro dispositivo idoneo a scattare foto o video. Questo perché il voto è segreto e non può quindi essere divulgato o pubblicato sui social. A regolamentare questo aspetto è stato il decreto legge 49 del 2008, poi convertito nella legge 96. All’articolo 1 si legge:
1. Nelle consultazioni elettorali o referendarie è vietato introdurre all’interno delle cabine elettorali telefoni cellulari o altre apparecchiature in grado di fotografare o registrare immagini.
2. Il presidente dell’ufficio elettorale di sezione, all’atto della presentazione del documento di identificazione e della tessera elettorale da parte dell’elettore, invita l’elettore stesso a depositare le apparecchiature indicate al comma 1 di cui è al momento in possesso.
3. Le apparecchiature depositate dall’elettore, prese in consegna dal presidente dell’ufficio elettorale di sezione unitamente al documento di identificazione e alla tessera elettorale, sono restituite all’elettore dopo l’espressione del voto. Della presa in consegna e della restituzione viene fatta annotazione in apposito registro.
Ma il divieto non ha solo lo scopo di preservare la segretezza del voto, secondo quanto stabilito nel comma 2 dell’articolo 48 della Costituzione, ma anche quello di contrastare il fenomeno del “voto di scambio”, ovvero quando un elettore promette di indicare sulla scheda una certa preferenza in cambio di favori o privilegi illeciti. Filmarsi in cabina elettorale comporta quindi dei rischi, anche in termini penali: si prevede l’arresto da 3 mesi a 6 mesi e un’ammenda da 300 euro a 1000 euro. Il giudice può, comunque, determinare una sanzione amministrativa differente secondo le condizioni economiche di chi ha commesso il fatto o della sua famiglia; tale sanzione parte da 75 euro e può arrivare fino al triplo. Si rischia il carcere, quindi, anche per un atto commesso per gioco o goliardia: la legge è uguale per tutti.
Tik Tok, il video di Giorgia Meloni
Si è parlato molto anche del video pubblicato su Tik Tok da Giorgia Meloni, in cui la leader di Fratelli d’Italia si mostra in posa con due meloni, aggiungendo la frase “E ho detto tutto”. Per molti la Meloni avrebbe rotto in questo modo il silenzio elettorale previsto da sabato per le elezioni politiche. Ma di cosa si tratta?
Sempre secondo la legge, dal giorno precedente fino al termine delle elezioni (cioè fin quando non si chiudono le urne e si avvia lo scrutinio delle schede elettorali), vige per i partiti, i candidati e gli esponenti politici la regola secondo cui devono astenersi da ogni commento, dichiarazione o intervento sul voto per consentire ai cittadini di scegliere senza la costante interferenza della propaganda. A disciplinare questo comportamento è la legge 212 del 1956 sulla propaganda elettorale, che all’articolo 9 afferma che “nel giorno precedente e in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, la nuova affissione di stampati, giornali murali e altri manifesti di propaganda”. Chi contravviene al divieto è punibile con una sanzione amministrativa che va da un minimo di 103 euro fino a un massimo di 1032. Una legge che, nell’era dei social, dovrebbe sicuramente essere aggiornata, per stare al passo a quella che riguarda la televisione e la carta stampata. L’articolo 9 bis del decreto legge numero 807 del 6 dicembre 1984, specifica ad esempio che “nel giorno precedente e in quello stabilito per le elezioni è fatto divieto anche alle emittenti radiotelevisive private di diffondere propaganda elettorale”. Anche se molte piattaforme digitali si sono adeguate autonomamente, di fatto sui social non esiste una vera e propria regolamentazione di questi aspetti.