Non si fermano in Iran le manifestazioni di protesta contro la polizia dopo la morte di Mahsa Amini: secondo gli ultimi dati raccolti dall’agenzia di stampa Tasnim, nella sola provincia di di Guilan ci sono stati 739 arresti, di cui 60 donne. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi annuncia il pugno di ferro contro i rivoltosi.
Mahsa Amini, 739 arresti e 50 morti: il bilancio delle manifestazioni in Iran
La morte di Mahsa Amini, la giovane arrestata perché non indossava correttamente il velo e deceduta mentre era in custodia della polizia morale, ha scatenato molte proteste in Iran: per una settimana la gente è scesa nelle strade delle principali città iraniane assalendo le forze dell’ordine, tanto che sono stati fatti circa 739 arresti. Secondo le fonti della zona, la maggior parte degli arresti si è verificata nella provincia di Guilan nel nord del Paese: circa 60 delle persone arrestate erano donne.
Nelle proteste sarebbero morte anche 50 persone, come riferiscono fonti dell’opposizione e Ong, mentre dai canali istituzionali affermano che le vittime siano solo 35. Anche per la prossima settimana sono previste nuove manifestazioni, dove gli studenti di diverse università – tra cui quella di Teheran – continuano a radunarsi ininterrottamente per condannare la morte di Mahsa Amini: le proteste vanno avanti dal primo giorno di apertura delle università e delle scuole, con l’annuncio del governo sull’erogazione online delle lezioni universitarie si terranno per almeno due settimane.
Raisi annuncia il pugno di ferro: “Pronti a salvaguardare la sicurezza del Paese”
Il presidente dell’Iran Ebrahim Raisi annuncia il pugno di ferro contro i manifestanti: continueranno gli arresti solo per salvaguardare la sicurezza nazionale. Un concetto ribadito anche dal ministro dell’Interno Ahmad Vahidi che, inoltre, conferma il prolungamento del divieto di utilizzare WhatsApp, Instagram e Internet fino a che non termineranno le proteste. È stato messo inoltre al bando Stalink, l’internet satellitare di Elon Musk e, in merito alla causa delle proteste, il ministro dell’Interno afferma di voler far riferimento al certificato del medico che farà l’autopsia sul corpo di Mahsa Amini per vedere se c’è stato il pestaggio.