Non metteremo le mani nelle tasche degli Italiani
Non metteremo le mani nelle tasche degli Italiani è un noto intento programmatico ripetuto da più parti politiche, con alcune varianti che non alterano la sostanza dei propositi. C’è chi vuole ridurre, ad esempio, l’orario di lavoro mantenendo immutata la retribuzione, cioè ridurre la produttività a parità di costi, come non mancano proposte tese semplicemente ad aumentare retribuzioni e pensioni, per accrescere il reddito dei beneficiati, magari combinando gli aumenti con una riduzione delle tasse. Proposte legittime, si dirà, quasi doverose se consideriamo che l’Italia in Europa è tra i Paesi che hanno un più alto livello di tassazione fiscale, al quinto posto dopo Francia, Belgio, Danimarca e Svezia, con una tassazione del 42,6% contro una media europea del 41,4. Ma c’è un settore dove riusciamo quasi a raggiungere la vetta, anzi ad essere i primi per valori assoluti e secondi, dopo la Grecia, in valori percentuali. L’Italia risulta uno dei maggiori evasori in Europa. Secondo i dati ISTAT del 2019 le imposte più evase sono l’IRPEF (cioè l’imposta sul reddito delle persone) per 32 miliardi e l’IVA per 27 miliardi. L’evasione complessiva è stimata intorno ai 100 miliardi, ad esempio in 110 in un’inchiesta della Gabanelli sul Corsera nel 2020. Quanti sono gli evasori in Italia? È difficile definire le cifre di un fenomeno illegale e quindi sotterraneo, cifre che variano anche in relazione ai criteri adottati per definire questa realtà. Sta di fatto che, anche in base a rilievi empirici, molti analisti concordano nel definire il numero degli evasori vicino ai 20 milioni di persone.
Perché paghiamo tante tasse?
Per rispondere a questa domanda dovremmo prima chiederci perché paghiamo le tasse, a cosa servono? A sostenere settori essenziali dell’economia pubblica, ad esempio infrastrutture come scuole, ospedali e carceri, ma pure la rete di trasporti: strade, ferrovie, aeroporti. Tutte realtà che hanno una forte valenza sociale e permettono alle persone e alle famiglie l’accesso alla formazione, alla medicina, all’assistenza e alla mobilità. Un adeguato gettito fiscale garantisce la possibilità di soddisfare importanti esigenze di un cospicuo numero di cittadini, soprattutto di quanti, ad esempio, non hanno la possibilità di spendere considerevoli risorse per usufruire dell’assistenza medica o della formazione scolare nel privato. L’estensione e la qualità di infrastrutture come quelle sanitarie sono garantite in prima istanza dalla disponibilità di adeguate risorse. Da sola la sanità copre realtà che vanno dal medico di base all’ospedale, dal centro di riabilitazione alla prevenzione e cura della tossicodipendenza, dall’assistenza ai disabili nelle scuole alla prevenzione di comportamenti rischiosi, dalla cura degli alcolisti all’assistenza di quanti hanno infezioni o malattie croniche, e si potrebbe continuare. Questi interventi essenziali sono solo in piccola parte coperti dal privato, per la maggior parte dei casi sono a spese dello Stato, o meglio dei cittadini che finanziano le spese con i contributi fiscali. Se una parte considerevole dei contribuenti con vari espedienti non paga le tasse, o ne paga meno o molto meno di quanto dovrebbe in base al suo reddito, ne consegue che per recuperare risorse lo Stato, incapace di individuare i “furbi”, o meglio sarebbe dire i disonesti, deve tassare in modo esorbitante quanti, come i pubblici dipendenti, hanno redditi noti. Paghiamo tante tasse perché i contribuenti sono costretti a pagare le tasse anche per quanti con vari espedienti non le pagano. Slogans come “Non metteremo le mani nella tasche degli Italiani” andrebbero perciò realisticamente riformulati in questi termini: “Continueremo a non mettere le mani nelle tasche di quegli Italiani che non pagano le tasse e continueremo ad attingere a piene mani dalle tasche di quanti sono costretti a pagarle”. E messo in questi termini, non appare certo un programma molto equo e civile.
Identikit dell’evasore fiscale italiano
È possibile definire con una battuta tutte quelle categorie che in Italia non pagano le tasse? Sì: “In Italia evadono le tasse tutti (o quasi) quelli che non sono costretti a pagarle”. Vogliamo fare un elenco? Troppo lungo, troppo noioso. Parliamo piuttosto di qualche episodio di vita vissuta. Per trent’anni ogni volta che ho chiesto ad un dentista una fattura per prestazioni a volte di milioni di lire o migliaia di euro, mi è stato risposto che avrei dovuto pagare io le sue tasse, cioè una maggiorazione della parcella. Solo da tre anni a questa parte ho trova un dentista, il professor Maurizio Mancini che mi ha lasciato quasi incredulo quando mi ha presentato una fattura non maggiorata per le sue prestazioni. Ma ancora aspetto che un idraulico mi rilasci un attestato fiscale per il suo, in ogni senso, prezioso lavoro. Nell’ultimo anno in molteplici occasioni ho fatto ricorso a guide turistiche, per una o più ore, pagando parcelle anche di 200 euro: a Cortona, Arezzo, Pompei, Caserta. In quest’ultimo caso prenotata attraverso la segreteria della Reggia, al costo di ottanta euro. Mai ricevuto una fattura, sempre pagamenti cash. L’ultima volta, qualche settimana fa, a Fumone, in Ciociaria. Meno di un’ora: quaranta euro, arrivederci e grazie! Nella mia casa di famiglia a Fontana Liri ho fatto recentemente vari interventi. Ad esempio il restauro di alcuni mobili. Uno di questi artigiani, quando gli ho chiesto una ricevuta fiscale per un lavoro di ottocento euro, mi ha risposto: “Ma non eravamo amici?”. La richiesta di una ricevuta fiscale è stata ritenuta un atto ostile nei suoi confronti. Nel periodo del Covid ho fatto una breve inchiesta con alcuni studenti sulla prostituzione attraverso internet. Semplicemente digitando “Escort Italia” si è aperto un mondo parallelo, con una serie di offerte di prestazioni presentate in menù con decine di voci e con costi sempre alti, a partire dai 200/300 euro per un’ora, costi che andavano a crescere se si aggiungevano altre voci della lista delle prestazioni, Per non parlare delle richieste per un fine settimana, che potevano raggiungere i tremila euro. Ho provato a telefonare ad alcune di queste escort, per proporre un’intervista. Ma non sono riuscito a parlare con nessuna, mi hanno risposto con poche frasi, dicendomi di richiamare perché erano occupate. Ho raccontato questa esperienza ad un maggiore della finanza, chiedendogli perché una realtà come questa, che complessivamente muove milioni di euro, fosse del tutto ignorata dal sistema fiscale. Mi è stato risposto: “Siamo in pochi, ci concentriamo sui grandi evasori”. Quando però i piccoli e i medi evasori sono decine di milioni, l’evasione raggiunge le decine di miliardi di euro. L’evasore è due volte scorretto, innanzitutto perché non dà il suo contributo alla società, o solo in maniera ridotta, in seconda istanza perché anche lui usufruisce di servizi come la formazione o la sanità, semmai con agevolazioni perché spesso risulta con un reddito falsamente limitato.
Equità fiscale o Paese dei Balocchi?
In Italia quando si parla di interventi o di riforme fiscali ci si riferisce sempre ai soliti noti, a quella parte della popolazione che già paga le tasse. Semmai prospettando una riduzione delle stesse, senza spiegare come compensare il minor gettito fiscale e le minori risorse per la scuola, l’assistenza medica, la ricerca e via dicendo. Prospettando una sorta di Paese dei Balocchi, di collodiana memoria, dove sembra che i balocchi piovano dal cielo, miracolosamente. Ma la soluzione nel segno dell’equità fiscale e sociale è un’altra, semplice e civica: ognuno deve pagare in base al suo reddito, in maniera proporzionale. Se tutti lo facessero si avrebbe un gettito fiscale complessivamente superiore ed oneri fiscali più bassi per i singoli contribuenti. Ma perché tutto questo non è stato finora realizzato e sembra irreale e irrealistico? Forse perché le decine di milioni di evasori sono anche elettori e forse perché i politici che li rappresentano non sono degli statisti ma solo personaggi in cerca di sistemazione. Ogni popolo ha i politici che lo rispecchiano, in Italia entrambi hanno grandi margini di miglioramento.
A cura di Enrico Ferri, professore di Filosofia del Diritto, all’Unicusano www.ferrisstudies.com