Dall’Italia all’estero. Dopo l’allarme sul rischio per la democrazia e la Costituzione, Enrico Letta ha rilanciato quello sui rapporti con l’Unione europea e con la Russia. “E’ chiaro che da parte di Meloni e Salvini c’è una volontà di attaccare briga con Bruxelles”, ha detto il segretario dem. Per Letta “la destra svela sempre di più il suo vero volto”. E ricorda la vicinanza di Lega e FdI all’Ungheria di Orban, il comizio di Giorgia Meloni sul palco di Vox in Spagna. Poi ci sono le sirene d’Oriente: nel giorno in cui Putin ha alzato il tiro in Ucraina, “tutti devono porsi il problema di cosa significa avere al governo forze e leader dai rapporti ambigui con la Russia – dicono ai piani alti del Pd – Prima di tutto Salvini e Berlusconi. Ma anche Meloni: se avesse un posizionamento sinceramente filoatlantico imporrebbe alla Lega di stracciare l’accordo con il partito Russia unita”.
C’è anche una stoccata ai “leghisti moderati: né Garavaglia, né Zaia, né Giorgetti sono riusciti a far dire al loro segretario parole chiare”. A pochi giorni dal voto, l’attenzione è concentrata sugli indecisi e sull’affluenza. “Non c’è nessun destino già scritto, ci sarà una grande sorpresa”, va ripetendo il segretario Pd. C’è una sessantina di collegi in bilico che Letta spera di strappare al centrodestra. E un 40% di elettori ancora indecisi. “Quello di chi decide nelle ultime ore è un voto polarizzato – ragionava un big del partito – O è per il centrodestra o è per noi”.
Anche per questo, fra i candidati dem c’è chi definisce una “casalinata” l’ipotesi di un sorpasso del M5s al Pd. Le truppe della lista Pd-Italia democratica e progressista fanno due conti: “Se noi teniamo nelle città, e tutti i segnali vanno in questa direzione, e il M5s cresce davvero al sud, al Senato il centrodestra balla. E che sia uno scenario plausibile lo dimostra il nervosismo crescente di Meloni”. Gli sforzi e i pensieri sono rivolti al 25 settembre. Però, nei giorni scorsi, big come il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, e i ministri Andrea Orlando e Dario Franceschini sui giornali hanno parlato degli scenari e delle alleanze del Pd nel post voto. E Goffredo Bettini ha addirittura evocato il congresso.
Al Nazareno non commentano, si limitano a ricordare che “il Pd ereditato Letta era dilaniato dalle correnti e dalle lacerazioni create da Renzi. In meno di 12 mesi, in continuità con quanto impostato dalla segreteria Zingaretti, abbiamo vinto due tornate amministrative molto difficili e tre suppletive, soprattutto grazie a una parola chiave: unità. E’ evidente che parlare di post voto a quattro giorni dalle urne è un non senso: si rischia di creare uno strabismo illogico negli elettori e si dà uno schiaffo ai militanti volontari e iscritti che con tanta passione e impegno stanno facendo questa campagna elettorale difficile”.