La campagna elettorale sta per volgere al termine e prima di entrare nel silenzio che precede il voto, ecco un’analisi su come hanno comunicato i principali leader. Posizionamento, tone of voice, storytelling, momenti di crisi, varie ed eventuali. Ecco tutto quello che c’è da rivedere.
La comunicazione di Giorgia Meloni
POSIZIONAMENTO – Quello di Giorgia Meloni è stato, come si dice in marketing, un rebranding. La candidata di Fratelli d’Italia ha cercato di rinnovare la sua immagine attraverso un sofisticato processo di dediavolizzazione. Percepita, a livello di opinione pubblica, come una candidata estrema, ha cercato di far emergere un profilo moderato nell’orizzonte auspicato di diventare Premier. La sua campagna, in questo senso, si è giocata su un doppio binario: internamente verso gli elettori, esternamente verso gli enti sovranazionali. Nel tentativo di tranquillizzare chi guarda da fuori e dire loro: sono pronta. Pronti, non a caso, è il claim scelto per campagna elettorale. A risollevare l’Italia, dice il payoff, a fare la Premier è l’itertesto. Declinato, poi, sulle varie iusse: pronti a garantire libertà di parola; a difendere i cittadini dall’usura; a intervenire sul costo dell’energia… Anche il manifesto elettorale riflette il rebrandig: colori accesi, primo piano, sorriso per trasmettere fiducia.
Il 25 settembre abbiamo un’occasione unica per risollevare l’Italia ed evitare che la sinistra torni al governo dopo anni di disastri e restrizioni.
— Giorgia Meloni ???????? ن (@GiorgiaMeloni) July 28, 2022
Noi siamo pronti a fare la nostra parte.#ElezioniPolitiche2022 #VotaFDI pic.twitter.com/mBpveNiRVZ
TONE OF VOICE E STORYTELLING – Il tono di voce scelto offre riprova del doppio canale di comunicazione: urlato (passionale) sui temi interni e moderato quando si tratta di parlare di questioni percepite anche a livello sovranazionale. Come la guerra in Ucraina o il posizionamento sull’Unione Europea. Pensiamo al caso del video in tre lingue con cui Meloni ha parlato direttamente ai partner internazionali con il fine di tranquillizzarli. Nel suo storytelling troviamo anche traccia di rimandi agli affetti familiari; ricorso a storie personali (come quella relativa alla sua obesità infantile); l’introduzione della leva ironica. Politicamente ha rivendicato anche il suo non aver mai fatto parte del governo Draghi e, in generale, ha fatto valere la sua coerenza comunicativa e politica.
COSA È ANDATO E COSA NO – Se il rebranding sembra aver superato finanche la prova della giovane Giorgia Meloni che elogiava Mussolini, lo stesso non può dirsi in merito alle ombre ungheresi intorno alla sua immagine. Questo snodo di crisi non è stato superato nel migliore dei modi ed il peso dell’amicizia con Orban rischia di diventare un macigno, nonché di scalfire la credibilità della sua dediavolizzazione. Altro aspetto lacunoso riguarda la tenuta della coalizione: “Fratelli d’Italia – ha detto nel dibattito con Letta – ha un suo programma”. Parole non proprio di sintesi ed unione da parte di una voce, la più forte, interna alla coalizione che aspira a governare. Problemi esterni e problemi con gli alleati, ma Meloni sembra aver superato la prova (comunicativa, s’intende!) contro gli avversari politici: mentre lei parlava di temi, gli altri parlavano di lei.