Fano, truffa di diamanti da parte di una società, che attraverso il sistema bancario, aveva promosso e venduto le pietre preziose a prezzi notevolmente superiori rispetto al valore reale. Dovranno rispondere a seconda dei ruoli, dei reati di truffa aggravata, corruzione tra privati ed autoriciclaggio.

La Guardia di finanza di Fano ha concluso indagine, delegata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro, che ha consentito di tutelare un rilevante numero di risparmiatori, vittime di una truffa su investimenti in diamanti. A seguito di articolate e complesse attività investigative è stata infatti, denunciata la commissione di una frode milionaria ai danni di numerosi risparmiatori da parte di una società che, attraverso il sistema bancario, ha promosso e venduto le pietre preziose a prezzi notevolmente superiori rispetto all’effettivo valore.

Sono oltre un centinaio i clienti truffati, l’importo complessivo corrisposto dalle vittime per l’acquisto dei diamanti era pari a circa 2.500.000 euro, mentre le provvigioni incassate dall’Istituto di Credito risultano essere pari a circa 300.000 euro. In totale denunciate 16 persone oltre al rappresentante legale della società venditrice dei diamanti.

Fano truffa diamanti: diverse querele da parte dei clienti dell’istituto di credito cooperativo

Le indagini sono nate dopo la presentazione di diverse querele ad opera di clienti di un Istituto di Credito cooperativo di Pesaro che lamentavano di essere stati raggirati avendo acquistato, tramite la banca di cui erano correntisti, dei diamanti, sulla base di un prefigurato fruttuoso investimento, stante le ingannevoli prospettazioni di lauti guadagni, suggerite dal medesimo istituto bancario.

Quest’ultimo, spiegano le Fiamme gialle, che nel caso di specie fungeva da intermediario di una società di capitali operante nel settore della commercializzazione di pietre preziose, avrebbe stipulato con detta società un accordo illecito, inducendo in errore centinaia di risparmiatori e clienti, in cambio di consistenti provvigioni.

La società venditrice, dal canto suo, oltre a collocare i diamanti da investimento, ne avrebbe falsificato le relative quotazioni, anche a mezzo di ingannevoli annunci, pubblicati sulle pagine economiche di un giornale a tiratura nazionale.

Oltre un centinaio di persone truffate

L’attività di indagine ha consentito di individuare oltre un centinaio di clienti truffati e denunciare le 16 persone oltre al rappresentante legale della società venditrice dei diamanti coinvolte nella truffa. Questi, dovranno rispondere, a seconda dei diversi ruoli e responsabilità, dei reati di truffa aggravata, corruzione tra privati ed autoriciclaggio secondo gli artt. 640 c.p, 2635 c.c. ed ex artt. 648 ter.1, 81 e 110 c.p. 

Inoltre, la banca è stata deferita all’autorità giudiziaria anche per la responsabilità amministrativa degli enti per fatti dipendenti da reato, poiché non avrebbe provveduto all’adozione di modelli organizzativi atti a prevenire la commissione dei reati a vantaggio o nell’interesse dell’ente medesimo. Importante sottolineare che l’Istituto di credito, che ha incorporato la banca coinvolta nella vicenda, ha provveduto a risarcire già il 90% dei correntisti che avevano acquistato i diamanti.

L’attività si inquadra nell’alveo del servizio della Guardia di Finanza, quale Forza di polizia economico – finanziaria a competenza generale, costantemente impegnata nel presidio della legalità del Paese e dei suoi cittadini, garantendo un’attività incessante nel contrasto alle condotte fraudolente a danno dei risparmiatori e delle famiglie.

Caso simile per la Banca Popolare di Milano

La recente truffa di Fano riporta alla mente quella che ha coinvolto anche la Banca Popolare di Milano che in tutti questi anni è stata oggetto di forti critiche e gravi accuse da parte di chi aveva deciso di diventare cliente ed investitore convinto di fare la cosa giusta.

La BPM era stata infatti, accusata di aver preso parte alla cosiddetta “truffa dei diamanti“, partita da una società, la Intermarket Diamond Business, che concordava con l’istituto milanese la vendita di diamanti e pietre preziose da proporre ai clienti come investimento in un bene rifugio ritenuto da molti sicuro per ottenere ottimi profitti ma così non era.

La vicenda non è ancora chiusa e ad oggi continua a riservare inediti colpi di scena, arricchendosi di nuovi capitoli e mostrandosi molto più ampia di quanto si sarebbe potuto immaginare all’inizio.