Dopo il grano è stata la volta dell’anidride carbonica. Tra le conseguenze indirette del conflitto Russo-Ucraino e della pandemia, rientra infatti anche la scarsità di CO2. La causa è l’aumento dei costi energetici, che sta mettendo a dura prova l’estrazione del gas e la sua produzione a livello industriale. Ecco perché molte aziende produttrici di acqua minerale, come la Sant’Anna, nelle ultime settimane ne hanno rallentato la produzione. Ora la crisi tocca anche la birra e, in particolare, la Menabrea di Biella.
Perché manca l’anidride carbonica
Nell’immaginario collettivo ha un’accezione negativa, visto che è responsabile delle emmisioni a effetto serra, ma in realtà la CO2 si trova naturalmente nell’aria che respiriamo: è un composto atmosferico naturale essenziale, poiché è parte dei cicli biogeochimici senza i quali la vita non sarebbe possibile ed ha diverse applicazioni in vari settori. Serve, per esempio, per il trasporto dell’energia, come refrigerante; ma l’uso più diffuso è sicuramente quello alimentare, dove l’anidride carbonica viene utilizzata nei processi di conservazione dei cibi, per preparare i surgelati e gasare le bevande. Oggi circa la metà della CO2 viene prodotta industrialmente, perlopiù negli impianti di fertilizzanti, che la ottengono come sottoprodotto dell’ammoniaca, e da fabbriche di bioetanolo. Entrambi questi settori hanno subito gli effetti della crisi energetica e sono al momento costretti ad operare al di sotto delle proprie capacità massime. Tutto ciò fa sì che la produzione di anidride carbonica diminuisca. A ciò si è aggiunta la pandemia, che ha indotto il comparto sanitario, per cui la CO2 è fondamentale, ad aumentare le proprie richieste del prodotto, lasciando agli altri settori meno disponibilità.
Menabrea Biella, stop alla produzione di birra
La mancanza di anidride carbonica colpisce anche il settore di produzione della birra, visto che la CO2 viene utilizzata per gasare la bevanda e nei processi di spillatura. Per questo si sta assistendo ad un generale rallentamento della produzione, anche per la Menabrea di Biella dove, come hanno fatto sapere i vertici dell’azienda a Repubblica, è momentaneamente ferma.
Il problema del settore c’è eccome, anche da noi. Ne risentono meno i birrifici più piccoli perché tendono a non utilizzare anidride carbonica nelle fasi di confezionamento, ma quelli di dimensioni medie e grandi pagano le conseguenze della mancanza di materia prima. Non c’è abbastanza anidride carbonica per tutti. Manca soprattutto nella versione liquida: il mio birrificio, per esempio, ne è senza da giugno. Stiamo andando avanti con i pacchi bombole, che però costano circa tre volte tanto e vengono forniti in maniera più discontinua.
Così Pietro Di Pilato, consigliere di Unionbirrai e proprietario del birrificio Brewfist di Codogno, che ha spiegato il problema che affligge tante industrie. Anche se la situazione peggiore si avverte in Germania, dove molti produttori di bevande, alcoliche e non, mettono in guardia su una possibile crisi della filiera. Negli scorsi giorni Holger Eichele, numero uno dell’associazione tedesca dei birrifici, aveva dichiarato al Financial Times che sempre più aziende del settore “si stanno fermando o stanno riducendo la loro produzione, con conseguenze spesso drammatiche”.