A un anno dal 150esimo anniversario dalla nascita di Grazia Deledda, la scrittrice sarda che nel 1926 fu la seconda donna nel mondo e la prima in Italia a ricevere il Premio Nobel per la Letteratura, vi consigliamo i 5 libri da recuperare per capire il suo stile e conoscere, attraverso le parole, la sua Sardegna.

1. L’opera più famosa di Grazia Deledda: “Canne al vento”

Tra i libri scritti da Grazia Deledda ce n’è uno che non si può non conoscere. Si tratta di “Canne al vento“, romanzo pubblicato a puntate sul settimanale “L’illustrazione italiana” dal gennaio all’aprile del 1913 e uscito in un volume curato dall’editore Treves di Milano qualche mese dopo. Un titolo forte, che allude sia all’aspro paesaggio della Sardegna, sia al tema della fragilità umana e al dolore dell’esistenza. Il riferimento proviene da un’altra opera, “Elias Portolu”, in cui l’autrice scriveva: “Uomini siamo, Elias, uomini fragili come canne, pensaci bene. Al di sopra di noi c’è una forza che non possiamo vincere”. E narra la storia dei Pintor, una famiglia di origine nobile ormai in disgrazia – la cui vita viene sconvolta dal ritorno di un nipote -, e di Efix, un “servo” che assurge a immagine della sofferenza.

2. “Elias Portolu”

Altro romanzo della scrittrice sarda e collegato al primo è “Elias Portolu“, pubblicato nel 1900 sulla “Nuova Antologia” per poi vedere la luce in volume, dopo una prima revisione, con la casa editrice torinese Roux e Viarengo, nel 1903, prima di riuscire nel 1917 con Treves profondamente modificato. La trama ruota attorno alla figura di Elias, un ragazzo appartenente all’ambiente agro-pastorale della Barbagia, una regione montuosa della Sardegna centrale, che si ritrova a dover scontare una pena detentiva e, al ritorno, è pervaso dal desiderio di iniziare una nuova vita nel suo mondo natìo. Ma la sua esistenza sarà destinata a prendere una piega inaspettata, come sempre accade nelle opere di Grazia Deledda.

3. “Cenere”

Pubblicato nel 1903 a puntate sulla “Nuova Antologia” e l’anno successivo in volume, “Cenere” è un altro tra i libri più famosi della scrittrice. Il luogo di ambientazione resta la campagna sarda, mentre la protagonista è Olì, una giovane ragazza madre che si ritrova a dover abbandonare il figlio di otto anni, Anania, alle cure del padre benestante e di sua moglie, così da potergli garantire un futuro migliore. “Cenere” è la storia di quel bambino, che cresce fino a diventare uomo e che, sfidando le regole non scritte di una società misogina, decide di accogliere con sé sua madre, che da tutti è vista come una donna disonorata.

4. “La madre”

Il tema della maternità torna anche ne “La madre“, pubblicato a puntate nel 1919 da “Il Tempo” e poi nel 1920 da Treves. Fa da sfondo, come sempre, la Sardegna. Maria Maddalena è la madre di Paulo, il parroco di un paesino immaginario arroccato sui monti sardi che tutti ritengono esempio di fede e di devozione. Almeno fino a quando non si innamora di Agnese. La madre, accortasi della relazione e decisa a proteggerlo dalle tentazioni, cerca di riportarlo sulla retta via, ricordandogli i suoi doveri e consigliandogli di smettere di vedere la donna. L’uomo, spinto dai sensi di colpa, rinuncia all’amata, convincendola a non rivelare l’accaduto alla comunità. Ma sarà la madre a perire, a causa di un malore, provata dal dolore e dall’angoscia per il figlio, proprio al termine di una funzione.

5. “La via del male”

La via del male” ha una storia di pubblicazioni travagliata: esce per la prima volta nel 1896 da Speirani a Torino; nel 1906 la “Gazzetta del Popolo” pubblica il romanzo a puntate in appendice con il titolo “Il servo”, mentre, nello stesso anno, l’opera esce con il titolo originario nella Biblioteca Romantica della Nuova antologia di Roma, prima di essere ripubblicata da Treves nel 1916. Un testo passato attraverso diverse correzioni, che più di tutti contiene gli elementi tipici della produzione di Grazia Deledda: gli uomini sardi, primitivi e taciturni, in ascolto solo delle voci della natura, chiusi nelle loro tradizioni e superstizioni, lottano contro un destino avverso che li piega e sono agitati da violente passioni, come l’amore, ma anche l’odio.