Armenia, Vietnam e Kazakistan sospendono l’uso delle carte russe Mir (circuito di pagamento fondato e gestito dalla Banca centrale della Federazione Russa, in funzione dal 2017, creato in seguito alle sanzioni internazionali imposte alla Russia dal 2014). Vietnam e Kazakistan hanno sospeso le transazioni attraverso il sistema di pagamento russo Mir. A seguire anche le banche armene hanno smesso di accettare le carte Mir russe e hanno stoppato i prelievi di denaro per i loro titolari, secondo quanto ha riferito Ukrainska Pravda il 20 settembre.

Così mentre Vladimir Putin alza il livello dello scontro in Ucraina e dichiara la mobilitazione parziale con la minaccia delle armi nucleari – “Vorrei ricordare che anche il nostro Paese dispone di diverse armi di distruzione e per certi aspetti anche (armi) più moderne dei Paesi della Nato se c’è una minaccia all’integrità territoriale del nostro Paese per proteggere la Russia e il nostro popolo useremo certamente tutti i mezzi a nostra disposizione, non è un bluff” – le reazioni di alcuni Paesi asiatici “amici” della Russia, prendono le distanze dallo zar. Se l’Europa ha parlato di escalation, “sviluppo sbagliato” e segnali di panico da Mosca, la Cina che già a Samarcanda aveva sollevato dubbi e preoccupazioni sulla guerra in Ucraina, ha invitato le parti coinvolte nel conflitto al dialogo.

Ora la decisione di Armenia, Vietnam e Kazakistan, può essere letta come un messaggio a Putin. Lui e non la Russia è nel mirino e questa pressione dai Paesi amici, potrebbe spingere il Cremlino a prendere in considerazione l’ipotesi di farlo cadere.