Il maresciallo Lombardo, trovato senza vita nella sua auto nella caserma dei carabinieri di Palermo, il 4 marzo 1995, “non si è ucciso” ma “è stato ammazzato”: è quanto sostengono i figli del sottufficiale del Ros, Fabio, Rossella e Giuseppe Lombardo, che accompagnati dal loro legale, Alessandra Maria Delrio, e dai periti, hanno presentato un esposto per omicidio alla Procura di Palermo e alla caserma dei Carabinieri di Terrasini.
Morte del maresciallo Lombardo: i fatti
È il 4 marzo del 1995 quando il corpo del maresciallo Antonino Lombardo viene trovato senza vita in un’auto parcheggiata all’interno della Caserma di Bonsignore di Palermo. Stando a quanto riportato nella lettera di addio che viene ritrovata accanto al cadavere, Lombardo si è suicidato con l’arma d’ordinanza “per non dare la soddisfazione a chi di competenza di farmi ammazzare e farmi passare per venduto” e per non mettere in pericolo la vita della moglie e dei figli. Il maresciallo era stato tra coloro che avevano portato all’arresto di Totò Riina nel 1993. Allora era stato affidato al Comando della stazione CC di Terrasini, per poi passare ai ROS della Sezione Anticrimine di Palermo, diventando in breve tempo una delle figure chiave del fenomeno del pentitismo, che permetteva ai collaboratori di giustizia di ricevere degli sconti di pena e che aveva portato boss molto importanti, di cui il primo fu Tommaso Buscetta a parlare, permettendo alle autorità di conoscere molto sulla struttura, le tecniche di reclutamento e le funzioni di Cosa Nostra. In particolare, Lombardo aveva curato le relazioni con il boss Gaetano Badalamenti, che parlò di un’implicazione della Cia nell’organizzazione mafiosa siciliana. Divenne così scomodo e molti iniziarono a fargli capire di essere accerchiato.
L’esposto dei figli alla Procura di Palermo
Ora i figli hanno presentato alla Procura di Palermo e alla caserma dei Carabinieri di Terrasini, la stessa in cui lavorava il maresciallo, un esposto per omicidio. Secondo loro, infatti, non si trattò di suicidio, ma loro padre fu ucciso. Come racconta l’AdnKronos, Fabio Lombardo, uno dei figli del sottufficiale, che non si è mai fermato nella ricerca della verità, ha deciso di raccontare la sua versione nella sala consiliare del Comune di Terrasini, alla presenza del sindaco Giosuè Maniaci, insieme con la legale e i due periti, il professor Gianfranco Guccia, esperto di perizie balistiche, e la criminalista Claudia Sartori, che ha scritto una relazione di 400 pagine. Si parla di “depistaggio” delle indagini e di “prove inconfutabili” sul delitto.
Innanzitutto ci sarebbero delle incogruenze sugli orari e i tabulati telefonici, l’arma del delitto sarebbe simile a quella d’ordinanza del maresciallo, ma non la stessa, così come la calligrafia, che secondo gli esperti non è compatibile. Poi, ci sarebbero delle videocamere di sorveglianza mai visionate e di cui non si trova traccia agli atti. Già un anno fa la legale della famiglia aveva depositato una richiesta di “riapertura dell’indagine”. “Era quasi una provocazione”, spiega, “volevo che la procura si rendesse conto che il maresciallo Lombardo non si era suicidato. Non basta una perizia calligrafica. Non ci risulta che questa perizia che ci da dei riscontri scientifici sia stata confutata con altre perizie. A questo punto, la collaborazione dei due periti ci offre degli indizi che potrei definire, gravi, precisi e concordanti. Se il proiettile non proviene dall’arma di Lombardo, vuol dire solo una cosa: non si è suicidato“. Sperano di dimostrarlo i figli, che da 27 anni aspettano la verità sulla morte del padre. Così ha dichiarato uno di loro: “Mi auguro di poter portare questa notizia attesa a mia madre”.