Va in onda stasera alle 21 su Rai Movie in prima tv, “Green Book”, premio Oscar come miglior film nel 2019. Interpretata da Viggo Mortensen e Mahershala Ali (anche lui premiato con l’Oscar, come miglior attore non protagonista) la pellicola è diretta da Peter Farrelly, che ha accantonato momentaneamente il sodalizio con il fratello Bobby – con cui è stato autore di film comici come “Tutti pazzi per Mary” – per dirigere una pellicola drammatica ispirata a una storia vera.

“Green Book”: la trama del film con Viggo Mortensen

New York City, 1962. Tony Vallelonga (Viggo Mortensen), detto Tony Lip, fa il buttafuori al Copacabana, ma il locale deve chiudere per due mesi a causa di lavori di ristrutturazione. Tony ha moglie e due figli e deve trovare il modo di sbarcare il lunario per quei due mesi. L’occasione buona si presenta nella forma del dottor Donald Shirley (Mahershala Ali), un musicista che sta per partire per un tour di concerti con il suo trio attraverso gli Stati del Sud, dall’Iowa al Mississipi. Peccato che Shirley sia afroamericano, in un’epoca in cui avere la pelle nera è un problema, soprattutto nel Sud degli Stati Uniti. E che Tony, italoamericano cresciuto con l’idea che i neri siano animali, abbia sviluppato verso di loro una buona dose di razzismo. Un rapporto che non parte subito col piede giusto, quindi, ma che finirà per arricchire entrambi.

La vera storia che ha ispirato il film

La pellicola, premiata agli Oscar come miglior sceneggiatura originale, può essere considerata un biopic, in cui il punto di vista è però molto particolare. Uno degli sceneggiatori, Nick Vallelonga, è infatti il figlio di Tony Lip, il personaggio interpretato da Mortensen, ed ha voluto raccontare la storia dell’amicizia tra Lip e il musicista afroamericano Don Shirley, di cui fu autista e guardia del corpo durante un tour, nell’America ancora nel pieno della segregazione razziale dei primi anni 60. La storia di un’amicizia che nasce dal pregiudizio e che pure, inesorabilmente, cresce.

Nonostante i presupposti e il successo di pubblico, la famiglia di Shirley non ha però apprezzato l’uscita del film nelle sale, commentando il rapporto tra i due come “una relazione tra datore di lavoro e dipendente” e giudicandolo molto lontano dalla realtà. Vallelonga, dal canto suo, ha raccontato di aver parlato della sua idea direttamente con Don Shirley, che gli aveva fatto promettere di lavorare al film solo dopo la sua morte. E così è stato.

Mi ha detto di non parlare con nessuno. Mi ha raccontato la storia che voleva raccontare. Ha difeso la sua vita privata e diversi altri particolari straordinari della sua vita. Era un uomo straordinario. Mi ha detto: ‘Se vuoi raccontare la storia, racconta la versione che viene da tuo padre, da me, e da nessun altro. Non parlare con nessun altro. È così che dovrai fare il film’.

Poi, in un audio di una vecchia intervista emerso nel 2019, la voce di Shirley confermava la tesi del film:

Mi fidavo implicitamente di lui. Tony non era solo il mio autista, non abbiamo mai avuto un rapporto datore di lavoro-dipendente. Non avevo tempo per quelle sciocchezze. La mia vita era nelle mani di quell’uomo! Quindi bisognava essere amichevoli l’uno con l’altro.

E perché per il titolo è stato scelto proprio “Green Book”?

Il titolo viene da Negro Motorist Green Book, una guida per afroamericani scritta dallo statunitense Victor Hugo Green nel 1936 e pubblicata fino al 1966. Si trattava di un opuscolo contenente informazioni su negozi, motel, ristoranti e stazioni di servizio che accoglievano i viaggiatori neri durante il periodo della segregazione razziale negli Stati Uniti, quando molti erano i luoghi in cui alle persone di colore era vietato entrare.