Lo stato americano della California ha fatto causa al colosso dell’e-commerce Amazon per violazione delle leggi sulla concorrenza. Nel mirino ci sono le penalità verso le aziende che offrono i loro prodotti a costi più bassi su altre piattaforme. “Così perdono i consumatori”, spiega l’azienda.

La California fa causa ad Amazon, incolpando la società di spingere i venditori e i fornitori in accordi anticoncorrenziali che portano a prezzi più alti, anche nei negozi online rivali.

L’accusa al colosso delle vendite arriva direttamente dal procuratore generale del Golden State, Rob Bonta, che punta il dito contro il gigante fondato da Jeff Bezos, avviando un’azione legale contro Amazon.

La causa, si concentra proprio sul modo in cui Amazon, il più grande rivenditore online, tratta con i commercianti di terze parti, che rappresentano la maggior parte delle vendite sulla sua piattaforma.

Secondo le accuse, proprio a loro è chiesto di firmare accordi che li penalizzano perché impediscono loro di offrire i prodotti a prezzi più bassi ad altri siti rivali. La California infatti, sostiene che Amazon penalizzi venditori e fornitori che offrono prezzi più convenienti altrove su Internet, inclusi Walmart e Target, ad esempio mostrando i loro articoli in basso o in modo meno visibile o bloccando completamente i loro nuovi post.

“Amazon fa pensare ai consumatori di ottenere i prezzi più bassi possibili”, sostiene la causa, “quando in realtà, non possono ottenere i prezzi bassi che prevarrebbero in un mercato liberamente competitivo perché Amazon ha costretto e indotto i suoi venditori di terze parti e all’ingrosso fornitori di stipulare accordi anticoncorrenziali sul prezzo”.

La California fa causa ad Amazon: 2.500 dollari per ogni violazione del codice civile

La causa antitrust della California è una delle maggiori sfide legali per Amazon negli ultimi anni, poiché legislatori e autorità di regolamentazione negli Stati Uniti e all’estero hanno indagato sul gigante della vendita al dettaglio per potenziali pratiche anticoncorrenziali. Il procuratore chiede inoltre il pagamento di danni non specificati all’economia statale e 2.500 dollari per ogni violazione del codice civile e professionale dello Stato provata al processo.

Si tratta della più grande sfida legale affrontata finora da Amazon negli Stati Uniti. Il titolo Amazon nonostante la citazione da parte dello Stato americano ha comunque chiuso gli scambi con un apprezzamento vicino all’1%.

Un portavoce di Amazon ha negato qualsiasi violazione dell’antitrust e ha sottolineato che un caso simile è accaduto anche nel Distretto di Columbia, poi però archiviato.

“I venditori stabiliscono i propri prezzi per i prodotti che offrono nel nostro negozio”, ha affermato la società in una nota. “Come qualsiasi negozio, ci riserviamo il diritto di non evidenziare offerte ai clienti che non hanno un prezzo competitivo.”

La California accusa anche Amazon di creare un “circolo vizioso anticoncorrenziale”: i venditori vedono Amazon come un must ma in realtà Amazon addebita loro commissioni più elevate per poter vendere sulla sua piattaforma. I venditori, a loro volta, devono aumentare i prezzi di Amazon. E, anche se vendere su altri siti Web costa loro meno, le politiche di Amazon spingono i venditori ad aumentare i prezzi anche su quei siti.

“Attraverso le sue azioni illegali, Amazon ha effettivamente stabilito un prezzo minimo, costando di più ai californiani praticamente per tutto”, ha detto Bonta in una conferenza stampa Mercoledì scorso.

Caso simile a Washington

All’inizio di quest’anno, un giudice ha respinto una causa simile presentata a Washington, DC, sebbene il procuratore generale della città avesse comunque presentato ricorso.

In quel caso, Amazon ha affermato che i suoi accordi con i commercianti avevano lo scopo di impedire che gli acquirenti venissero sovraccaricati e punire Amazon danneggerebbe i consumatori.

Amazon ha proposto separatamente un accordo con le autorità di regolamentazione antitrust europee, che hanno accusato la società di aver violato le leggi sulla concorrenza. 

Ma a prescindere dall’esito di questa causa, si tratta dell’ennesimo recente affondo dei regolatori, negli Stati Uniti e in Europa, contro i colossi della rete.