Luigi Maria Epicoco commento al Vangelo di oggi, mercoledì 14 settembre 2022: “Esaltazione della Santa Croce” (Giovanni 3,13-17).
Don Luigi Maria Epicoco è nato a Mesagne, un comune situato all’interno della provincia di Brindisi, in Puglia, il 21 ottobre 1980.
È un presbitero, teologo, filosofo e scrittore italiano, oltre che preside dell’Istituto Superiore Scienze Religiose Fides et Ratio ISSR dell’Aquila.
È scrittore di libri e articoli scientifici di carattere filosofico e teologico. Ha una cattedra in filosofia alla Pontificia Università Lateranense.
Il 16 giugno 2021 è nominato assistente ecclesiastico del Dicastero per la comunicazione ed editorialista dell’Osservatore Romano.
Il Vangelo di oggi, mercoledì 14 settembre 2022: “Esaltazione della Santa Croce”
Ecco che cosa recita, in particolare, il Vangelo di oggi, mercoledì 14 Settembre 2022: “Esaltazione della Santa Croce”.
“Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo.
E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo,
perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.”
(Giovanni 3,13-17)
Don Luigi Maria Epicoco, il commento al Vangelo di oggi mercoledì 14 settembre 2022: “Ecco perché si parla di esaltazione della Santa Croce”
Ecco quai sono state le parole che sono state pubblicate all’interno del proprio profilo Facebook da parte del presbitero riguardo al passo di oggi, mercoledì 14 settembre 2022, ovvero Giovanni 3,13-17:
“Dovrebbe suscitare sospetto la parola ‘esaltazione’ accanto alla parola ‘croce’.
Si potrebbe pensare erroneamente che l’esaltazione della croce sia l’esaltazione della sofferenza. Ma la verità è un’altra: ciò che come cristiani oggi noi celebriamo con solennità è la Croce di Cristo e non una croce qualsiasi.
E quando diciamo ‘Croce di Cristo’ non ci riferiamo al semplice legno o ai chiodi bensì al modo con cui Egli se n’è fatto carico. Infatti la Croce che salva è il dono di sé. Gesù ha dato la sua vita per ciascuno di noi realizzando in pieno ciò che aveva detto: ‘nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per gli amici’.
Accogliere la Croce allora non significa andarsi a cercare la sofferenza, ma vivere tutto quello che la vita ci riserva (bello o brutto che sia) domandandoci se lo stiamo vivendo per amore e con la logica del dono.
In questo senso un padre che si sveglia presto la mattina e va a lavorare, o una madre che fa i salti mortali per far quadrare i conti, o un malato che deve affrontare una terapia dolorosa, o una qualunque persona che vive una qualunque circostanza della vita deve chiedersi se sta vivendo quelle cose subendole o accogliendole come un modo per amare e per donare la vita.
Gesù non è venuto solo a darci l’esempio ma a ricordarci che in questo particolare modo di accogliere la vita, noi non siamo soli. Lui è con noi, crocifisso con noi, inchiodato con noi. Non è lontano nei cieli ad osservare come ce la caviamo, ma è con noi a vivere intimamente quello che ci accade.
Ecco perché guardarlo in Croce non deve suscitare sensi di colpa, ma senso di gratitudine. Lo guardiamo e diciamo: ‘hai deciso di stare con me, dalla mia parte, lì dove tutti scappano. Hai offerto la tua vita perché io non fossi solo mai. Sei morto perché io possa accogliere la morte sapendo che l’hai vinta’.”
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