Morto nella sua casa di Napoli il pittore Elio Waschimps, aveva da poco compiuto 90 anni. Artista internazionale dagli anni ’50 fino ai primi anni 2000. “Uomo eccezionale e artista straordinario”, ha scritto la famiglia sui profili social. Commemorazione privata per l’ultimo saluto al pittore.

È morto nella sua casa di Napoli il pittore Elio Waschimps. Ne danno il doloroso annuncio la moglie Pinù, i fratelli Aldo e Maria Teresa, il figlio Antonio, i nipoti Elio, Annamaria, Barbara, Francesca, Marco, Muriel, e Roberta.

Elio Waschimps, che aveva compiuto a Luglio 90 anni, era stato ricoverato di recente a seguito di sopravvenute complicazioni renali. Per suo espresso desiderio non verranno celebrate esequie ma solo una semplice commemorazione privata che si è tenuta nel pomeriggio di ieri.

“Uomo eccezionale, marito, nonno e zio amatissimo, Elio è stato, anzi è un Artista straordinario, capace di interpretare le inquietudini del nostro tempo con sguardo lucido, quasi implacabile” è ciò che si legge in un post diffuso dalla famiglia sui social.

Anche Ferdinando Bologna, famoso critico d’arte ha voluto rendergli omaggio e ha detto: “Elio ha avuto il coraggio di mantenersi solitario per portare avanti un discorso individuale che in definitiva è anche sperimentale, nel senso che fa del ripensamento intuitivamente critico della grande pittura del passato un mezzo per affrontare in termini “pittorici” i problemi del presente”.

Morto Elio Waschimps: la prima mostra nel 1957

Napoli piange così la scomparsa di Elio Waschimps, uno tra i principali protagonisti della pittura partenopea degli ultimi decenni. Era nato nel 1932 proprio a Napoli e comparve sulla scena dell’arte per la prima volta con la mostra personale del 1957 alla galleria Medea.

“Egli dimostrò sin da allora, si legge in una nota biografica, una rilevante capacità pittorica, alimentata da una vastissima esperienza dell’arte antica, i cui limiti potevano oscillare dai maggiori secentisti a Sountine, ma che risultavano tutti indirizzati alla scoperta di un mondo aperto e vivo mediante il quale cogliere il momento più palpitante del visibile”.

Questa disposizione di cui da principio Waschimps si giovò per evitare una secchezza programmatica della tendenza neo-realista verso cui nutriva simpatie e per scioglierne l’aridità in una vibrazione espressiva più ricca, lo trovò poi pronto ad accogliere ed a rielaborare il contributo più valido delle tendenza astratte, non tanto nell’accezione puramente informale, quanto in quelle più feconde dell’abstract-expressionism nel suo senso più vasto.

Sempre questa sua disposizione gli ha consentito, nel corso della carriera di pervenire, dopo nuove esperienze ad un modo carico, intensamente lampeggiante, capace di animazioni espressive, sconvolte dall’impulso visionario e rassodato da una fede cocente ed irreprimibile nelle cose.

Le sue opere

La mostra, che nell’estate del 2019 fu allestita al Pan, ha rappresentato la migliore testimonianza della storia artistica di Elio Waschimps. Una mostra molto ricca, con ben 61 opere comprese fra gli anni ‘50 e i 2000, che disegnava con chiarezza l’itinerario di una lunga ricerca condotta nel solco di un linguaggio sospeso tra figurazione e sfaldamento della forma.

Basterebbe sfogliare l’ampio catalogo edito nell’occasione da Paparo per comprendere questo viaggio partito dal realismo per poi incontrarsi nella seconda metà degli anni ‘50 con le tentazioni dell’Informale grazie a una pittura densa e gestuale.

Eppure, ribadiva spesso l’artista, io non mi sono mai sentito un astrattista, piuttosto un neo-espressionista, perché l’unica vera astrazione è quella geometrica. Nell’andare oltre la forma compiuta c’è sempre infatti un’origine naturale e organica.

Infatti l’assenza di una forma compiuta era destinata a non durare a lungo, perché fra gli anni ’60 e ’70 si apriva un ritorno alle forme anatomiche, con busti senza braccia, o corpi deformati dal colore, sotto l’influenza del nuovo linguaggio introdotto a quel tempo da Francis Bacon.

Waschimps aveva un occhio sempre attento all’evoluzione dei linguaggi del proprio tempo, dall’Action painting al Graffitismo, da Basquiat ai Neo-espressionisti, dai Selvaggi tedeschi degli anni ‘80 alla Transavanguardia, che sembra emergere nel ciclo dei cosiddetti “Mamozzi”. Del suo lavoro hanno scritto in tanti, da Ferdinando Bologna a Vitaliano Corbi, da Paolo Ricci a Michele Prisco e Corrado Piancastelli, evidenziandone sempre una non comune profondità espressiva ed esistenziale.