Il 50% circa dei pazienti con melanoma metastatico sarebbe libero da malattia se trattato con la giusta sequenza di cure: prima l’immuno e poi la target terapia. Lo dimostra uno studio coordinato da Paolo Ascierto, direttore del Dipartimento di Melanoma e Immunoterapia dell’Istituto dei tumori di Napoli, il Pascale, i cui ultimi risultati sono stati presentati all’Esmo di Parigi, il congresso di oncologia medica europea in corso in questi giorni a Parigi.
Melanoma metastatico: i risultati di uno studio italiano
Lo studio, denominato Secombit, ha l’obiettivo di individuare la giusta sequenza terapeutica nelle persone con melanoma metastatico che presentano la mutazione del gene BRAF. In particolare, il trial sperimenta tre opzioni per individuare la sequenza migliore. La prima combina terapie target e prosegue con la combinazione di due molecole immuno-oncologiche, nivolumab e ipilimumab, dopo progressione di malattia. La seconda opzione è la duplice immunoterapia per proseguire con la combinazione di target therapy dopo progressione. Infine, il cosiddetto ‘sandwitch arm’, cioè la sequenza di terapie target e della combinazione delle due immunoterapie e, solo in caso di progressione, la prosecuzione con terapie target. Come ha spiegato Ascierto,
la seconda opzione, che prevede l’avvio con la combinazione di immunoterapie, consente di raggiungere la migliore sopravvivenza globale a 4 anni, pari al 63%, rispetto all’avvio con la terapia target (46%) o con la terza opzione (59%). I dati preliminari indicano una sopravvivenza libera da progressione totale pari al 55% iniziando con la combinazione di nivolumab e ipilimumab rispetto al 29% con la terapia a bersaglio molecolare e al 54% con la terza opzione. La scelta dell’immunoterapia prima della terapia target è quindi sostenuta da questi dati.
Raddoppierebbe cioè la sopravvivenza libera da malattia rispetto alla prima alternativa di cura, mentre passerebbe al 63 per cento quella globale. Lo studio ha altresì dimostrato nei pazienti con un elevato Ldh, l’enzima che correla il carico di malattia, o in presenza di molte metastasi, un andamento migliore nella seconda e terza opzione terapeutica. Per conseguire questi risultati sono state coinvolte 209 persone provenienti da 30 diversi centri di 10 Paesi europei, con 40 pazienti del Pascale.
L’importanza dell’immunoterapia
Nel corso del congresso di Parigi, il gruppo di ricercatori guidato da Ascierto ha anche presentato un interessante studio su due proteine, Marco e Oas1. In questo caso, lo studio è stato condotto su 23 pazienti con melanoma avanzato. E i risultati sono i seguenti: queste due proteine, che attivano il sistema immunitario, potrebbero verificare in anticipo quali pazienti rispondono all’immunoterapia. Come spiega Mallardo, primo autore dello studio:
benché lo studio necessiti ancora di indagini, i pazienti che abbiamo arruolato hanno dimostrato cambiamenti sorprendenti nei gruppi responder e non responder, per cui siamo molto fiduciosi.
Ad intervenire è stato anche il direttore scientifico del Pascale di Napoli, Alfredo Budillon, che ci ha tenuto a rimarcare come “l’Istituto dei tumori di Napoli si confermi un punto di riferimento internazionale per la cura e la ricerca sul melanoma”. E ha proseguito: “Il Secombit è uno studio accademico no-profit internazionale concepito e coordinato dal Pascale e noi come Istituto continueremo a promuovere con grande impegno questo tipo di studi indipendenti con la loro componente traslazionale con analisi su biomarcatori come quelli presentati oggi all’Esmo dal gruppo di Ascierto”.