L’Europa non trova pace nemmeno adesso che sembra esserci una importante schiarita sul fronte della guerra in Ucraina con Kiev che si sta riprendendo territori su territori. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si trova in difficoltà. E’ chiamata a pronunciarsi (nelle prossime ore con una proposta legislativa) sul tetto al prezzo del gas ma è nella scomoda posizione di dover decidere se accontentare la Germania e scontentare una quindicina di altri Stati membri. Oppure seguire la linea di Berlino e spaccare l’Unione. Il tutto in un momento in cui il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, la critica apertamente per la lentezza nell’azione; diversi diplomatici delle capitali l’accusano di farsi scrivere le proposte da Berlino e in madrepatria la incolpano di anteporre gli interessi europei a quelli dell’economia nazionale.
I malumori di alcuni Paesi nei confronti della leader tedesca erano emersi già con il piano di riduzione di consumo del gas (approvato a luglio). Per molti era una proposta cucita sulle esigenze della Germania che si traduceva nel fatto che i ventisei avrebbero aiutato Berlino se si fosse trovata senza più a gas a causa dei tagli russi. Ora è da mesi che si sta discutendo sul tetto del gas. Da tempo l’avevano chiesto i Paesi meridionali, Italia in primis. La Spagna aveva talmente insistito che è riuscita a ottenere una propria eccezione per applicare un tetto nell’isola iberica.
Per il resto, la risposta dell’esecutivo europeo (a giugno) si e’ era limitata a promettere “analisi e studi” da presentare ai leader Ue nel vertice di fine ottobre. I diplomatici sospettosi l’hanno interpretata come una sottomissione alla Germania, che non può fare a meno del gas (allora nemmeno di quello russo) e dei Paesi Bassi che non vogliono che si tocchi il mercato del metano, che ha come indice la Borsa di Amsterdam. Dopo le prime aperture da parte di Berlino su un eventuale price cap, von der Leyen ha scelto la riunione dei parlamentari conservatori tedeschi della Csu/Cdu in Baviera per annunciare (il 2 settembre) che “è giunto il momento di fissare un tetto al prezzo del gas russo”. Da allora, lo ha inserito nelle sue proposte informali creando non poco scompiglio tra gli Stati. Berlino dopo una prima timida apertura, si e’ defilita.
Poi c’e’ l’Ungheria. Ormai opposta a ogni sanzione contro la Russia (aveva già votato contro il piano di taglio dei consumi del gas). L’intento della Commissione era aggirare il veto ungherese inserendo il price cap tra i provvedimenti contro la crisi energetica, sulla base dell’articolo 122 del Trattato. Sarebbe bastata quindi la maggioranza la qualificata (15 Paesi che rappresentino il 65% della popolazione) e senza passaggio dal Parlamento europeo. L’ultimo imprevisto per von der Leyen e’ stato la richiesta (nel Consiglio di venerdì) di proporre l’estensione del price cap a tutto il gas che arriva nell’Unione non solo a quello russo. Ipotesi a cui la Germania è fermamente contraria ma che nemmeno la Commissione aveva preso seriamente in considerazione. Sta di fatto però che come troppo spesso gli è accaduto negli ultimi anni l’Europa ancora una volta non riesce ad intervenire tempestivamente.