In inglese è il “gender pay gap”, il divario retributivo di genere: la differenza tra il salario annuale medio percepito dalle donne e quello percepito dagli uomini a parità di lavoro. Un problema purtroppo attuale che caratterizza l’economia europea nel suo complesso, dove le lavoratrici guadagnano in media il 13% in meno rispetto ai colleghi uomini.

Divario retributivo di genere: cos’è e come si calcola

Per divario retributivo di genere si intende la differenza media che sussiste tra i salari orari lordi percepiti dagli uomini e dalle donne che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro equivalente e quindi a parità di mansione. Si basa sugli stipendi versati direttamente ai dipendenti prima delle detrazioni fiscali e dei contributi previdenziali e viene calcolato tenendo in considerazione le sole imprese con più di dieci impiegati e tutti i lavori, anche part-time, ad eccezione del settore agricolo e forestale, della gestione amministrativa delle pubbliche amministrazioni e della difesa e delle posizioni lavorative negli enti sovranazionali. Dal 2006, in particolare, il gender pay gap viene misurato dal sistema statistico europeo (Eurostat) utilizzando delle linee guida ben definite dall’indagine della struttura delle retribuzioni. Sono eclusi dal conteggio i contratti di apprendistato e le forme di lavoro informale e irregolare (la cosiddetta “economia non osservata”).

I dati del gender pay gap in Europa

Stando ai dati del 2020, nell’economia europea nel suo complesso le lavoratrici guadagnano in media il 13% in meno rispetto ai colleghi uomini. Si tratta di un fenomeno che si osserva ovunque in Europa, ma che varia sensibilmente da Paese a Paese: i valori più alti si registrano in Lettonia (22,3%), Estonia (21,1%) e Austria (18,9%). Al contrario, quelli più bassi si riportano in Slovenia (3,1%), Romania (2,4%) e Lussemburgo (0,7%). L’Italia è al quartultimo posto a quota 4,2%, un valore di 8,8 punti percentuali in meno rispetto alla media europea. È importante però tenere conto del fatto che un minore divario retributivo di genere in un paese specifico non corrisponde necessariamente a una maggiore uguaglianza di genere. Divari retributivi più bassi tendono ad essere collegati, ad esempio, ad una minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. A loro volta, divari più alti possono dipendere dall’elevata percentuale di donne che svolge un lavoro part-time o alla loro concentrazione in un numero ristretto di professioni. Tuttavia, è possibile riscontrare delle cause strutturali legate al divario salariale di genere.

Le cause del divario retributivo di genere

Innanzitutto, le donne svolgono in media più ore di lavoro non retribuito, per esempio prendendosi cura dei bambini o badando ai lavori domestici. Ciò implica una minore disponibilità di tempo per il lavoro retribuito: secondo i dati del 2020, quasi un terzo delle donne lavora part-time, contro l’8% degli uomini. Le donne sono inoltre più propense ad avere un’interruzione di carriera, spesso per motivi di cura e responsabilità familiari: circa un terzo, contro l’1,3% degli uomini. Circa il 30% del divario retributivo totale di genere si spiega inoltre con una sovra-rappresentanza delle donne in settori lavorativi relativamente a basso salario, come l’assistenza, le vendite o l’istruzione. Il genere femminile è anche quello che ricopre meno posizioni dirigenziali: il 34% circa dei dirigenti dell’Unione Europea. Una serie di fattori che incidono sul salario, portando ad una differenza di reddito complessivo tra uomini e donne del 37% (nel 2018). Un problema che per legge non dovrebbe esistere, visto che lo stesso Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea sancisce, all’articolo 157, il principio della parità di retribuzione, ma che è quanto mai attuale.