Paolo Virzì fa sempre discutere di sé ed anche il suo nuovo film Siccità è destinato a dividere come già accaduto al Festival di Venezia. Non tanto per la sceneggiatura che non è neanche così tristemente irrealistica con una Roma quasi post apocalittica dove non piove da un anno e la popolazione vive con l’acqua razionata, quanto per il continuo cambio di storia dei personaggi e la recitazione decisamente sottotono di alcuni di questi. Brillano su tutti Tommaso Ragno e Valerio Mastandrea, sempre brillanti come ormai accade in ogni loro lavoro. L’attesissima Monica Bellucci ha pochi minuti dato che appare in un paio di scene nel ruolo di una femme fatale capace di far capitolare il professore di turno.

Dopo le polemiche che hanno seguito l’annuncio del film dunque Paolo Virzì si presenta alla stampa di Venezia specificando come in realtà l’emergenza drastica da lui dipinta non sia così lontana se non ci sarà un cambio radicale di direzione: “Fino a poco tempo fa ci si interrogava sul futuro, ci si chiedeva se il cinema sarebbe ancora esistito. La nostra domanda era: come facciamo a raccontare questo sentimento, senza raccontarlo direttamente? Ci è venuta questa voglia perché vivevamo separati, isolati, ci inseguiva la polizia, si aspettavano le dirette Facebook della sera per sapere se potevamo incontrare i congiunti. Questa è stata un’occasione straordinaria, dolorosa e vitale dal punto di vista artistico per interrogarci sul senso del nostro lavoro, dell’arte, del racconto. Abbiamo avuto una visione giocando con una specie di idea di film di fantascienza ambientato in una Roma di un futuro vicinissimo alle prese con un grande allarme climatico-sanitario”.

Il regista di Ovosodo poi sottolinea sul lavoro con gli altri sceneggiatori: “Ci siamo interrogati sull’effetto che questo potesse avere sulla folla, d’altronde non poteva che essere una storia collettiva di tanti destini, di tanti personaggi. Ne sono usciti una galleria di personaggi che abbiamo provato a intrecciare, con l’aiuto di Francesco Piccolo e di Francesca Archibugi, in un disegno che contenesse dentro di sé il segreto della salvezza. Tutte queste solitudini e questi destini di persone in affanno, alle prese con le loro aridità, con le loro disperazioni ma anche con le loro speranze in fondo sono tutte interconnesse. Lo scopriamo con un meccanismo narrativo, piano piano. Ci sarà la salvezza se ci riconnettiamo. Abbiamo voluto privilegiare il racconto delle persone e quindi delle loro colpe, del loro ridicolo, delle loro paure attraverso questo mosaico di destini con tonalità anche di umorismo e di commedia umana. In questo film anche i più colpevoli, coloro che hanno compiuto le azioni più scellerate, i più ipocriti e fasulli sono perdonati perché attraversano le loro giornate in questa Roma che muore di sete e di sonno, alla disperata ricerca di consolazione e di amore”.

Paolo Virzì spiega come in realtà il film oltre che un commento sociale anche una commedia umana: “Credo sia una combinazione di tutto ciò, un commento sociale e una commedia umana. È un punto di vista molteplice. Il nostro racconto si svolge in tre giorni a Roma con una folla di personaggi uno diverso dall’altro ma accomunati dalla forza per trovare la salvezza. Ho avuto la possibilità di avere un team straordinario di attori. Ho chiesto loro di aiutarmi a creare questo ballo collettivo, in un momento di disperazione e di supporto, mettendo in scena la loro autoironia prima di tutto. Monica Bellucci, ad esempio, ha recitato se stessa in un certo senso. Valerio Mastandrea porta la disperazione umoristica su se stesso. Claudia Pandolfi fingeva di essere fredda, senza sentimenti nascondendo in se stessa una tempesta. Ciascuno di loro è stato straordinario nella recitazione. Mi hanno fatto un dono che mi ha permesso di comporre questo mosaico”.

Il regista sottolinea come in realtà la Siccità abbia portato a una crisi sociale, con la gente costretta a reinventarsi: “Si racconta un mondo che si sgretola nell’aridità di una crisi idrica o nella prospettiva terrificante di una nuova prossima pandemia. Ma il film ci racconta anche un mondo dove i lavori sono collassati. C’è una galleria di personaggi che rappresenta anche la nuova Italia, il nuovo mondo e soprattutto ci dice che di fronte alle difficoltà, in questo caso anche catastrofiche, un elemento che salta agli occhi di tutti e che è emerso anche durante la pandemia, è come le distanze sociali alimentino conflitti verso una direzione che è quella della rabbia sorda che sembra solo portare all’autodistruzione o addirittura a una specie di spirito reazionario. Questo caos sociale è una novità rispetto al paesaggio sociale che tradizionalmente divideva i subalterni contro i privilegiati. Adesso sembra che si manifesti secondo forme nuove. Noi non intendevamo fare un trattato sul tempo contemporaneo perché in fondo siamo dei commedianti”.

Valerio Mastandrea lancia l’allarme: “Per andare al cinema bisogna trovarli aperti”

Monica Bellucci nonostante i pochi minuti nel film era la più attesa del cast di Siccità a Venezia: “Avevo sempre voluto lavorare con Paolo Virzì. Avevamo lavorato insieme tanto tempo fa in N-Io e Napoleone. Ero felice di far parte di questo progetto con questo cast straordinario. Se Paolo Virzì chiama, tu corri. Questo ruolo per me è po’ cattivo poiché tutti questi personaggi cercano la redenzione e lei invece no. Ecco perché ho accettato la parte. Il mio personaggio vola leggero, non vuole pensare alla morte e crede che se proprio bisogna morire la cosa migliore sarebbe farlo da ubriachi”, mentre sicuramente l’intervento più interessante è quello di Valerio Mastandrea che fotografa la situazione del cinema italiano: “Non credo che la gente non abbia voglia di tornare al cinema, è che li deve trovare anche aperti. Bisogna avere una distanza necessaria dai momenti storici e  culturali devastanti. Questo film lo ha fatto subito e la distanza l’ha presa con il linguaggio, con la metafora e credo che sia un po’ l’emblema di quello che dovrebbe fare il cinema ossia trattare anche argomenti quotidiani, come sempre, anche temi triti e ritriti ma in una maniera molto trasversale e sorprendente per chi scrive, per chi dirige, per chi recita e per chi vede i film”.

Silvio Orlando, che quest’anno ha trionfato ai David di Donatello ironizza invece su un mestiere eterno che interpreta nel film: “Ci sono le nuove professioni, le vecchie professioni che sono ormai morte e quella che non morirà mai, il detenuto. Quelli sicuramente rimarranno e supereranno le varie ondate. Questo film per me si poteva chiamare anche Sete perché in realtà parla della sete delle persone di tornare a una vita normale, di relazione con gli altri, di affetto, di cose semplici. Oggi tutto sembra mediato da qualcosa che rende totalmente inutile quello che facciamo per cui diventiamo una moltitudine di individui, ognuno a confronto con le proprie avversità. Purtroppo quando si rimane da soli si può solo cadere nelle pratiche autolesionistiche”.

Il film Siccità di Paolo Virzì uscirà al cinema il 29 settembre 2022.