Nell’era postideologica la tendenza di partiti e leader, in comunicazione politica, è quella di essere orientati al mercato più che al prodotto. Il mercato sono gli elettori e nei loro confronti l’atteggiamento è diventato, sempre di più, quello dell’orizzontalizzazione. I politici ci somigliano, volutamente, vogliono farci sapere che sono come noi, in pregi e difetti. Niente più posizione di subordinazione, articolata tra competenza e politichese, come avveniva – per esempio – nella prima repubblica. Il politico ci somiglia, non è più un corpo astratto.

Di recente abbiamo analizzato la dediavolizzazione di Giorgia Meloni, quel meccanismo attraverso cui la leader di Fratelli d’Italia sta cercando di depotenziare quell’alone di estremismo politico di cui è stata, spesso, attorniata. E lo sta facendo su due livelli: verso gli italiani e verso le istituzioni sovranazionali, nel tentativo di tranquillizzare ambo le facce e di rendere credibile la sua aspirazione premieristica.

Orizzontalizzazione della comunicazione politica e dediavolizzazione. Parole che si stanno declinando, in queste ore, attraverso la leva dell’ironia.

Meloni e la leva dell’ironia: due esempi

Il primo è un caso di disinnesco di un attacco. La leader di Fdi ha visto vandalizzati alcuni materiali cartellonistici – cosa che succede a tutti i leader e candidati di ogni livello – e ne approfitta usando la critica per trasformarla in una valorizzazione di sé: l’ironia, appunto. In questo caso, l’autoironia.

Il secondo tentativo è ancor più sofisticato, perché fa leva sui trend e sui nuovi strumenti. In questo caso parliamo di una piattaforma: TikTok. Aproffitando del fatto che un noto tiktoker (whoiskenta) l’ha chiamata in causa per via della sua pronuncia giapponese, si è messa in mostra con una performance mediatica autorionica e – probabilmente agli occhi del suo pubblico – simpatica.