Si complica sensibilmente la posizione politica di Donald Trump: secondo quanto riportato dal Washington Post l’Fbi avrebbe trovato documenti segreti sulla strategia nucleare e militare di un Paese straniero durante l’ultima perquisizione nella villa in Florida.

Usa, le prove schiaccianti trovate dall’Fbi inguaiano Trump

Negare sempre, questa volta le bugie non hanno salvato Donald Trump dall’evidenza dei fatti: schiaccianti, secondo il Washington Post, le prove trovate dall’Fbi nella villa di Mar-a-Lago di proprietà del tycoon, che ora rischia seriamente di veder sfumare la candidatura alle Presidenziali 2024 (non a caso rimandata più volte negli ultimi comizi elettorali).

Dal celebre tabloid della Grande Mela trapelano dunque i primi contenuti dei 300 dossier che il Bureau avrebbe rintracciato tra proprietà e figure vicine all’ex presidente. La ciliegina sulla torta è rappresentata dai documenti top secret che descriverebbero in maniera alquanto dettagliata e approfondita le strategie militari e nucleari di un governo straniero, sebbene non si capisca a quale Paese possa fare riferimento. Una rivelazione piuttosto scomoda che rischia di smontare dal principio il meccanismo difensivo preparato dagli avvocati di Trump, il quale senza dubbio non rinuncerà comunque alla battaglia giudiziaria.

Per comprendere meglio la gravità delle accuse è sufficiente dire che simili documenti (per importanza e quantità di dettagli) sono a disposizione esclusiva del presidente e di alcuni membri governativi di spicco. Persino alti dirigenti della sicurezza nazionale americana non ne sono a conoscenza, e lasciarli incustoditi per un anno e mezzo in una villa che funge da residenza di lusso secondaria dà la grandezza dell’enorme guaio in cui Trump è rimasto intrappolato.

Tutte le magagne correnti del miliardario

Il tycoon sta vivendo una situazione complessivamente molto delicata, nonostante la fan base del partito repubblicano lo abbia già incoronato come candidato alle Presidenziali. La brutta sconfitta in Alaska alle elezioni di metà mandato fu il primo segnale, a cui si sommano i problemi tecnologici del social network Truth e un Joe Biden ringalluzzito dalle difficoltà del rivale.