18 anni, l’età in cui la vita cambia, si cresce e si inizia a costruire il proprio futuro, ma anche quella degli “anni più belli”, che non tornano più. Tommaso Onofri avrebbe raggiunto oggi la maggiore età, ma non ha potuto, perché è stato strappato alla vita troppo presto, quando aveva appena 17 mesi, restando per tutti, per sempre, “il piccolo Tommy“.
2 marzo 2006: il rapimento di Tommaso Onofri
Era nato il 6 settembre del 2004, Tommaso, in un giorno di fine estate. E cresceva spensierato a Casalbrancolo, in quella piccola frazione di appena 100 abitanti nel comune di Parma dove la famiglia aveva una casa nel verde. Ma proprio lì, nella sua casa, Tommaso non sarebbe più stato al sicuro.
Tutto cambia il 2 marzo del 2006. Sono le 21 quando degli sconosciuti irrompono in casa Onofri e fanno saltare il contatore dell’energia elettrica, immobilizzando i coniugi Paolo Onofri e Paola Pellinghelli e il figlio maggiore Sebastiano con del nastro adesivo. Per il piccolo Tommy hanno un piano diverso: il bambino, che ha soli 17 mesi, viene rapito. Passano una decina di minuti, che per i genitori sembrano un’eternità. Paola riesce a liberarsi e a dare l’allarme, così partono le ricerche intorno all’abitato, che coinvolgono i cittadini dell’intera frazione, ma che si rivelano infruttuose: Tommaso non si trova. Le ore si trasformano in giorni e il caso del piccolo Tommy cattura l’attenzione mediatica, entrando nelle case delle famiglie italiane, che non riescono a credere a quanto sia accaduto. Tutti sperano che prima o poi il bambino venga ritrovato, tutti pregano e si muovono da ogni parte del Paese per mostrare solidarietà agli Onofri.
Il delitto del piccolo Tommy
Purtroppo le preghiere non bastano. Le indagini delle autorità proseguono e sembrano portare sulle tracce di Mario Alessi, un muratore pregiudicato che poco tempo prima aveva preso in carico dei lavori di ristrutturazione nella casa di Tommaso. Alcune impronte digitali rinvenute sul nastro adesivo portano proprio a lui e, in effetti, l‘uomo il 1 aprile confessa di aver ucciso il piccolo, facendo anche i nomi dei suoi complici: Antonella Conserva, sua compagna, e Salvatore Raimondi. Il giorno dopo è lo stesso Alessi a condurre gli investigatori sulle rive del torrente Enza, in via del Traglione, dove si trova il corpo senza vita del bambino. L’autopsia conferma che il piccolo è stato ucciso la sera stessa del sequesto, mentre il movente è fornito da Alessi, che ammette di aver rapito Tommaso con l’intento di ottenere un riscatto che gli sarebbe servito a saldare i suoi debiti: ma il bambino, negli attimi seguenti al rapimento, si sarebbe messo a piangere, infastidendo l’uomo, che avrebbe così deciso di ucciderlo, 30 minuti dopo aver lasciato casa Onofri. Alla fine del processo, iniziato nel 2007, il muratore viene condannato all’ergastolo, mentre i suoi complici, Antonella e Salvatore, rispettivamente a ventiquattro e venti anni di prigione.
La morte del padre Paolo
Al dolore per la perdita del piccolo Tommy, si è aggiunto per la mamma Paola e il fratello Sebastiano quello per la morte di Paolo Onofri. Il papà di Tommaso aveva avuto un attacco cardiaco due anni dopo la scomparsa del figlio e non aveva mai ripreso conoscenza. Si era poi spento, nel 2014, nella clinica privata in cui era ricoverato. Paola Pellinghelli, nel frattempo, viveva ancora a Casalbrancolo con il figlio Sebastiano e, nel 2019, ha confessato al Corriere della Sera:
Seba ha insistito per rimanere e alla fine ho capito che questo è l’unico posto in cui voglio stare e dove mi sento al sicuro, con i miei cani, i miei gatti, il mio giardino. In qualche modo qui c’è anche Tommy e io ci sto bene (…) il desiderio è vedere Seba contento perché non mi pare che lo sia. Per me va bene così com’è. Adesso conta soltanto la sua felicità.