Cinghiali: La regione Marche risponde alle accuse che gli sono state rivolte dalle associazioni ambientaliste marchigiane riguardo il tema della caccia ai cinghiali e della peste suina.

Cinghiali: la nota congiunta delle associazioni ambientaliste marchigiane

Ecco la nota congiunta da parte delle associazioni ambientaliste marchigiane ENPA, GRIG, Italia Nostra, LAC, LAV, LIPU, Lupus in Fabula, Federazione Nazionale Pro Natura, Forum Salviamo il Paesaggio e WWF Marche:

Con il pretesto della Peste Suina Africana, che però al momento nelle Marche non è stata ancora riscontrata, e dei danni procurati dai cinghiali, in netta diminuzione, la Giunta regionale su proposta dell’assessore alla caccia Mirco Carloni ha approvato il P.R.I.U., Piano Regionale di Interventi Urgenti, previsto dalla normativa nazionale.

L’assessore regionale alla caccia Carloni si conferma quindi essere un grande amico dei cacciatori, con una particolare predilezione per i cacciatori di cinghiali.

Ancora una volta quindi le decisioni in materia venatoria, subito approvate dalla Giunta Acquaroli, non si basano su validi studi scientifici o motivate da dati certi e comprovati, ma si riducono ad accogliere e ad assecondare le richieste della parte che a noi sembra più retriva del mondo venatorio.

Se il Piano straordinario è stato fatto per prevenire la peste suina, l’assessore Carloni, dovrebbe spiegarci come abbiano fatto cinghiali ‘piemontesi’, ‘liguri’, ‘umbri’ e ‘laziali’ ad ammalarsi se questa malattia è attualmente presente solo nell’Est Europa e in particolare in Romania?

Il sospetto è che la patologia sia stata importata in Italia attraverso altre vie, in particolare usando come veicolo di trasmissione indumenti infetti, scarponi, cani, trofei provenienti proprio da quei facoltosi cacciatori che sempre più numerosi vanno a caccia in Romania e in altri paesi dell’Est Europeo.

E’ molto più probabile che la peste suina usi come trampolini di diffusione nel nostro paese, piuttosto che le popolazioni selvatiche, quegli allevamenti di cinghiali allevati allo stato brado, talvolta abusivi, dove le condizioni igienico-sanitarie spesso sono molto precarie, poi immessi nella filiera agroalimentare della carne di cinghiale, tanto magnificata dalla Coldiretti.

E’ troppo facile prendersela con i cinghiali e trattarli come ‘capro espiatorio’ come se fossero loro gli ‘untori‘ della peste suina, mentre in realtà sono solo le ‘vittime’ di un giro di affari sempre più redditizio rappresentato dalla caccia al cinghiale e dalla conseguente ‘filiera’ commerciale basata sulla vendita dei capi uccisi durante le braccate.

Se le cose però si dovessero mettere male e si dovesse essere costretti ad abbattimenti di massa negli allevamenti di suini, i primi responsabili sono proprio le Associazioni venatorie e la politica che in tutti questi anni, piuttosto che far guidare la gestione faunistica, in particolare quella del cinghiale da dati tecnici, ha sfruttato il grande consenso derivante da una politica asservita alle istanze venatorie”.

Piano Regionale contrario alle FAQ dell’Ispra? Ecco cosa prevede

Il Piano prevede 4 novità sostanziali:

  • incremento del 50% degli abbattimenti dei cinghiali rispetto alla media.
  • caccia al cinghiale tutto l’anno.
  • caccia nei mesi primaverili ed estivi e nelle aree demaniali, dove la caccia è sempre stata vietata, anche nella forma della braccata.
  • autorizzazione a tutti i cacciatori patentati all’abbattimento dei cinghiali.

L’Ispra, invece, ritiene che “la comparsa del virus è totalmente indipendente dalle densità di cinghiale” e che “la densità del cinghiale non ha effetti significativi sulla persistenza in natura della Peste suina africana”.

Secondo l’Ispra “è fortemente consigliato evitare qualsiasi attività che possa causare la dispersione degli animali sul territorio e con essa la possibile diffusione del virus“. Ecco le FAQ dell’Ispra.

Cinghiali, la risposta del delegato regionale della Lac, Danilo Baldini, alle associazioni ambientaliste marchigiane

“Cingolani dovrebbe essere a conoscenza che nelle Marche dal 2018 è già in vigore un apposito Piano di controllo del cinghiale, e avendo durata quinquennale, quindi fino al 2023, la specie cinghiale può essere cacciata praticamente tutto l’anno ed ovunque, anche nelle aree protette come parchi e riserve naturali delle Marche, dove peraltro sono decenni che si svolgono braccate e caccia di selezione al cinghiale, in barba alle leggi di tutela degli animali.

Nel Piano è previsto pure che gli agricoltori possano richiedere direttamente l’intervento sui propri terreni di singoli o squadre di cacciatori, qualora i cinghiali mettano a rischio le loro colture in atto, oppure utilizzare nei loro fondi gabbie o trappole per catturare i cinghiali, e, se dotati di licenza di caccia, possono in qualsiasi momento sparare ai cinghiali se questi si trovano dentro le loro proprietà.

In realtà, l’attuale assessore regionale Carloni, anch’egli cacciatore, si è prodigato ancora di più per agevolare la caccia ai cinghiali: introducendo in pieno lockdown uno specifico protocollo per permettere ai soli cacciatori di spostarsi da un comune ad un altro e perfino da una regione ad un’altra, per effettuare le battute al cinghiale per ridurne il numero. Quali nuove misure servirebbero secondo Cingolani?”.