Sentenza shock da parte dell’Iran per la condanna a morte di due giovani attiviste iraniane, Zahra Sedighi-Hamedani e Elham Chobdar, per l’accusa di “corruzione sulla Terra attraverso la promozione dell’omosessualità”. Sentenza simile mai pubblicata.
La magistratura dell’Iran ha emesso la condanna alla pena di morte per due giovani attiviste e sostenitrici dei diritti della comunità LGBTQ+, Zahra Sedighi–Hamedani e Elham Chobdar, con l’accusa di “corruzione sulla Terra attraverso la promozione dell’omosessualità”.
La sentenza è stata ufficialmente pronunciata nella giornata di Domenica 4 Settembre dal Tribunale Rivoluzionario di Orumiyeh nella provincia iraniana dell’Azerbaijan occidentale, non lontano dai confini con l’Azerbaigian e l’Armenia. Le attiviste sono state informate della sentenza mentre erano nell’ala femminile del carcere di Orumiyeh, tramite una brevissima dichiarazione da parte della magistratura iraniana.
Nel processo alle due attiviste è coinvolta anche una terza donna, Soheila Ashrafi, il cui verdetto non è ancora stato sentenziato.
Zahra Sedighi–Hamedan ed Elham Chobdar combattono per i diritti LGBTQ+ in Paesi dove l’omosessualità è considerata illegale e sottoposta alla pena di morte.
La persecuzione da parte della giustizia iraniana verso le due ragazze è iniziata quasi un anno fa, nell’Ottobre del 2021.
Zahra, che oggi ha 31 anni, è stata arrestata il 27 Ottobre dello scorso anno con l’accusa di traffico di donne iraniane nella provincia di Erbil mentre cercava di passare il confine per chiedere asilo politico in Turchia.
Per quasi due mesi Zahra è rimasta in isolamento e ha rischiato di perdere la custodia dei figli da parte della Guardia Rivoluzionaria iraniana.
La ventiquattrenne Elham, invece, è stata arrestata il 16 Gennaio 2022 con l’accusa di promuovere l’omosessualità e il cristianesimo attraverso i canali mediatici anti-iraniani. Da allora, le due attiviste iraniane non sono state più rilasciate.
L’annuncio del loro arresto era stato divulgato per la prima volta dal Jerusalem Post nel Dicembre dello scorso anno, provocando la reazione di attivisti e dissidenti. Immediatamente Amnesty International ha preteso all’Iran la scarcerazione delle due donne. Tuttavia, il Paese ha rigettato la richiesta.
Iran condanna a morte: sentenza smisurata
La vicenda purtroppo non è nuova nel Paese. Il regime di Teheran opera da decenni una vera e propria guerra omicida contro le donne e le persone LGBTQ+ ed è stata più volte comprovata la violazione di molteplici principi della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite.
In Iran mancano i diritti legali basilari e soprattutto nei confronti delle donne i processi non sono equi. Durante la detenzione, alle due attiviste è infatti, stato negato il diritto di avvalersi di un avvocato.
Jessica Emami, esperta iraniana e ricercatrice contro l’antisemitismo, nei mesi scorsi aveva affermato come “fin dall’inizio la Repubblica Islamica dell’Iran ha trattato le persone LGBTQ+ con dispotismo e barbarie”, mentre una rifugiata politica residente nel Regno Unito aveva commentato: “notizie come questa non ci sorprendono più”.
La sentenza di Orumiyeh sorprende per efferatezza ed evidenzia una piena adesione giudiziaria al contesto politico ultra conservatore generato dalla presidenza Raisi. Lo svela il particolare accanimento nei confronti delle minoranze sociali ed etniche: queste ultime (curdi e non solo) ormai destinatarie del 20% delle condanne nonostante rappresentino il 6% della popolazione.
La condanna a morte tuttavia appare smisurata persino per un paese teocratico come l’Iran, dove mai prima d’oggi una sentenza simile era stata pubblicata.
“È la prima volta che una donna viene condannata a morte in Iran a causa del suo orientamento sessuale” ha dichiarato Shadi Amin, coordinatrice dell’ONG tedesca 6Rang per la difesa dei diritti LGBTQ+ in Iran.
La stessa Shadu Amin fu costretta a lasciare l’Iran all’inizio degli anni ’80 a causa delle sue attività a difesa della discriminazione di genere e ha chiesto asilo alla Germania dove tuttora risiede.
Proprio l’annuncio della condanna a morte delle due ragazze sembra aver smosso l’attenzione di media e governi internazionali che ora iniziano a fare pressioni sulle autorità iraniane per ottenerne il rilascio.