A causa dell’aumento dei costi, gli italiani sono costretti a fronteggiare il caro prezzi tagliando le spese per i prodotti alimentari.
Il potere d’acquisto delle famiglie è stato notevolmente ridotto dagli elevati costi energetici e dagli effetti della guerra in Ucraina.
Secondo i dati di Coldiretti, la metà degli italiani è costretto a rinunciare ad alcuni beni, dimezzando anche le spese alimentari, e solo una piccola percentuale non ha modificato le abitudini di acquisto.
Caro prezzi, spese alimentari sempre più basse
Un’indagine di Coldiretti, mette in luce un triste scenario.
La maggior parte degli italiani ha ridotto la spesa nel carrello a seguito dell’aumento straordinario dei prezzi al consumo e dei rincari energetici.
Dall’analisi emerge che la guerra in Ucraina ha avuto pesanti conseguenze sul potere d’acquisto delle famiglie.
Circa il 18% dei cittadini, infatti, ha ritenuto necessario ridurre la qualità dei prodotti alimentari acquistati al fine di combattere il caro prezzi, mentre, il 31% ha affermato di non aver cambiato le proprie abitudini di acquisto.
In molti, infatti, per riuscire a risparmiare, hanno dovuto compiere delle scelte diverse dal solito.
Come ad esempio, quella di andare alla ricerca di offerte e promozioni per i vari prodotti, in punti vendita diversi da quelli che frequentavano prima.
Dall’altro lato, anche i supermercati e i discount hanno cambiato modificato le loro proposte, differenziandole, al fine di renderle accessibili a tutti.
I dati sugli acquisti delle famiglie italiane
Come evidenziato da Coldiretti, sulla base dei dati Istat relativi al commercio al dettaglio nel primo semestre 2022, gli italiani, hanno speso il 3,1% in più durante l’anno in corso, pur acquistando in larga parte prodotti in offerta.
Si evidenzia, inoltre, che questi maggiori costi sono correlati ad una quantità di articoli ridotta del 3%.
Tra i punti vendita più frequentati, i discount alimentari si collocano al primo posto con un aumento delle vendite del 9%.
La situazione varia anche da prodotto a prodotto. A causa dell’aumento dei prezzi, infatti, le vendite di alcuni prodotti come frutta e verdura stanno toccando i valori minimi da inizio secolo.
Gli acquisti di frutta e verdura sono scesi a 2,6 milioni di tonnellate e questo può essere un aspetto molto negativo per la salute.
Secondo il Consiglio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Oms, infatti, per condurre una dieta sana è necessario consumare al giorno, almeno 400 grammi di frutta e ortaggi.
Secondo i dati, sono oltre 2,6 milioni le persone che in Italia rischiano di essere costretti a chiedere aiuto per mangiare. Proprio questo dato allarmante, potrebbe essere presto una triste realtà.
L’esplosione dei costi, come evidenziato da Coldiretti, ha un impatto devastante sulle tavole degli italiani, proprio in un momento in cui prima la siccità e poi il maltempo hanno devastato i raccolti causando ingenti perdite, stimate intorno a 6 miliardi di euro, pari al 10% della produzione.
Il 13% delle aziende agricole, corrispondente ad un’azienda su 10, si trova già in una situazione disperata anche a causa della difficoltà di non riuscire a coprire con le vendite, i costi di produzione.
Molte di queste aziende, infatti, sta pensando di cessare l’attività mentre, il 34% delle imprese agricole nazionali, si trova già a lavorare in una condizione di reddito negativo.
Nel settore agricolo, infatti, emerge un aumento dei costi difficili da fronteggiare. In particolare, i concimi con aumenti che vanno dal +170%, i mangimi dal +90%, e del gasolio fino al +129%.
Tuttavia, aumenti simili, interessano l’intera filiera alimentari. Anche il vetro, il tetrapak, le etichette, il cartone, la plastica e i barattoli, hanno subito dei rincari esorbitanti.
Sfortunatamente, secondo gli esperti, questa situazione è destinata a esplodere con l’arrivo dell’autunno, colpendo soprattutto la filiera agroalimentare che vale 575 miliardi di euro, quasi un quarto del Pil nazionale, e che vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740 mila aziende agricole, 70 mila industrie alimentari, oltre 330 mila realtà della ristorazione e 230 mila punti vendita al dettaglio.