A cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta a Siena, nella via principale della città, c’era l’unica libreria che vendeva i libri scolastici nuovi e a cinquanta metri di distanza, vicino piazza Tolomei, una minuscola bottega dove un signore gentile e corpulento faceva la compravendita dei testi usati. Mi sembrava una conquista poter studiare su libri nuovi, rigorosamente foderati con carta trasparente per non danneggiarli, ma spesso dovevo accontentarmi di testi usati, spesso sottolineati con pennarello e, se ero fortunato, con lapis. Però anche questa situazione di disagio aveva un aspetto positivo: potevo indirizzare l’attenzione solo sulle parti sottolineate. Il resto potevo considerarlo superfluo, fidandomi di chi aveva studiato su quel libro prima di me.
Tornano di moda i libri usati in tempo di crisi
La compravendita dei testi scolastici usati credevamo che fosse passata nell’archivio dei ricordi di scuola o confinata in qualche periferia ma è tornata di attualità. Oggi più che mai, in vista dell’apertura dell’anno scolastico, sono in numero sempre maggiore i genitori costretti ad acquistare libri usati per i loro figli. Uno studio ha previsto spese che vanno da 300 a 500 euro per volumi nuovi e proprio la mancanza dei libri di testo sarebbe la causa principale dell’abbandono scolastico. Per famiglie monoreddito può essere quasi la metà dello stipendio mensile. E poi l’umiliazione di dover dire al proprio figlio che deve studiare su testi consumati mentre il vicino di banco ha libri vergini. Insomma, l’anno scolastico 2022-2023 inizia anche con questo problema che sembra un po’ trascurato.
L’istruzione per tutti dovrebbe essere in testa alle priorità di qualsiasi governo. E poi, il settembre caldo della scuola potrebbe cominciare con il freddo perchè tra le misure allo studio per arginare la crisi energetica ci sarebbe anche quella di chiudere le scuole il sabato per risparmiare sul riscaldamento o abbassare il termostato. Per fortuna questa idea sembra avversata dai più perchè rappresenterebbe una grave disattenzione nei confronti dell’istruzione pubblica che va garantita a tutti proprio perchè è “pubblica”.
Stefano Bisi