Uno studio condotto National Geological Survey of Denmark and Groenlandia e pubblicato sulla rivista Nature climate change cerca di calcolare l’impatto dello scioglimento dei ghiacciai: un possibile innalzamento del livello dei mari fino a 27 centimetri.
Groenlandia, terra di conquista per i metalli “rari”
Il 2022 caratterizzato da notevoli fenomeni riconducibili al cambiamento climatico potrebbe tuttavia essere solo l’antipasto di qualcosa di peggiore. L’attenzione è catalizzata dalla Groenlandia, l’isola del Nord Europa sotto la bandiera danese, i cui ghiacciai continuano a sciogliersi sempre più rapidamente. Per calcolarne gli effetti sull’ecosistema, gli scienziati del National Geological Survey of Denmark and Groenlandia hanno studiato un sistema molto semplice ma dal risultato preoccupante.
L’intero report è stato poi pubblicato sulla rivista Nature climate change, tra le principali del settore, e si riassume così: una volta che la calotta glaciale sarà sciolta il livello del mare si alzerà di 27 centimetri. L’aspetto che più stronca la speranza è che il dato non può che peggiorare, dal momento che gli effetti (sia positivi che negativi) dell’azione umana si vedono solo dopo molto tempo. Ma come sono giunti a questo risultato?
Si tratta di un nuovo metodo comparativo che nasce dalle misurazioni riferite all’arco di tempo 2000-2019. A loro volta, i rilevamenti hanno confrontato il quantitativo di neve (la cosiddetta “massa glaciale”) caduta nei mesi invernali con quella sciolta durante l’estate. Un calcolo al millesimo consente di capire quando verrà raggiunto il “pareggio” tra i due fenomeni e i suoi effetti se uno dei due parametri eccede l’altro. L’anno che più ha segnato il disavanzo maggiore fu il 2012, in cui lo scioglimento avrebbe provocato un innalzamento pari a 78 centimetri del livello del mare.
Infine, c’è una questione strettamente collegata che segna il meglio e il peggio del consumo di suolo. Lo scioglimento dei ghiacciai in Groenlandia ha già spinto molti miliardari a investire nell’estrazione dei minerali riconducibili alle “terre rare”: assai poco diffusi e fonte primaria di semiconduttori per i chip e le batterie delle auto elettriche.