“Tutte le volte in cui io ho accondisceso alle richieste di Padovani è stato per paura di scatenare la sua rabbia”, queste le parole di Alessandra il 29 luglio. La vittima del femminicidio del 23 agosto aveva ampiamente esposto le sue preoccupazioni nella denuncia di luglio, che non è servita a tenere lontano il suo assassino, Giovanni Padovani.
“Alla luce di tutte le occasioni in cui è riuscito ad accedere al condominio dove abito, ho sempre timore di ritrovarmelo davanti ogni volta che torno a casa, o quando apro le finestre”
Il Giudice di Bologna ha reso pubbliche le parole di Alessandra, uccisa a martellate nella notte di quattro giorni fa. Il magistrato ha confermato la custodia cautelare dello stalker con queste motivazioni.
“La personalità dell’indagato animato da un irrefrenabile delirio di gelosia e incapace di accettare con serenità il verificarsi di eventi avversi, come la cessazione di un un rapporto per di più caratterizzato da incontri sporadici sono una manifestazione di eccezionale pericolosità e assoluta incontrollabilità“.
Il legale della sorella della vittima, Giampiero Barile, ha spiegato che il controllo di Padovani era ossessivo, con la continua richiesta di foto e video durante il giorno, oltre a voler sapere incessantemente con chi e dove fosse Alessandra.
Un video ogni dieci minuti, dove fosse visibile orario e luogo, è emerso questo dalla denuncia del 29 luglio.
Le dinamiche del femminicidio di Bologna
Emergono anche nuovi dettagli sull’omicidio: Padovani “ha percosso la vittima giungendo finanche a prendere una panca in ferro battuto presente sotto l’atrio che scagliava più volte contro”.
Poi le martellate con l’attrezzo che aveva nascosto dietro un albero, una personalità “maniacale” che “cagionava un perdurante e grave stato di ansia e di paura” nella vittima, a tal punto che aveva cambiato il suo stile di vita.
La denuncia presentata un mese prima dell’omicidio ha sollevato la questione sul fatto che potesse essere fatto di più per salvare Alessandra, ma il procuratore di Bologna risponde così.
“Ovviamente l’esito infausto nessuno lo poteva, ragionevolmente, prevedere. I fatti ci lasciano sconcertati, ma noi abbiamo fatto tutto con impegno e celerità la denuncia è stata immediatamente iscritta e assegnata a una collega che, pur essendo in ferie, ha fatto partire gli accertamenti per i riscontri. La denuncia, va chiarito, evocava episodi di stalking semplicemente molesto”.
Dell’omicidio ha parlato anche il presidente dell’Unione Camere penali, Gian Domenico Caiazza:
“Immaginare che per ciascuna delle migliaia di denunce per stalking possa seguire una reazione del sistema giudiziario idoneo a prevenire esiti omicidiari (per fortuna percentualmente marginali, come è ovvio) è semplicemente una insensata illusione-
“I fatti ci lasciano sconcertati, ma noi abbiamo fatto tutto con impegno e celerità. La denuncia è stata immediatamente iscritta e assegnata a una collega che, pur essendo in ferie, ha fatto partire gli accertamenti per i riscontri. La denuncia, va chiarito, evocava episodi di stalking semplicemente molesto”.
“Noi abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare. L’episodio che poi si è verificato è stato qualcosa di diverso e imprevedibile rispetto al contenuto della denuncia che, ripeto, rappresentava episodi di molestie, spesso via social. Non di violenza”.
Quello di Bologna è l’ennesimo femminicidio perpetrato nel nostro Paese: nonostante la prevenzione e l’attenzione su questo tipo di casi sia sempre maggiore l’escalation non sembra ancora fermarsi.