L’Unicef fa sapere che in Etiopia, nella regione del Tigray, un asilo è stato colpito dal lancio di bombe e sono state uccise almeno quattro persone tra cui due bambini. Il premier Abiy smentisce l’attacco alla scuola ma l’ong e le Nazioni Unite lo confermano.

L’Unicef fa sapere che un attacco aereo ha colpito un asilo nella regione del Tigray, in Etiopia e il lancio di alcune bombe ha ucciso almeno quattro persone, tra cui due bambini. L’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, nel dare la notizia, “condanna fermamente l’attacco aereo a Macallè, la capitale della regione del Tigray” ha scritto su Twitter la direttrice esecutiva dell’organizzazione, Catherine Russell, riferendosi ai bombardamenti aerei di ieri contro la regione.

Il Fronte di liberazione del popolo del Tigray che controlla la regione settentrionale dell’Etiopia ha affermato che il raid aereo dell’esercito etiope ha distrutto un asilo e colpito una zona residenziale civile.

Il governo del premier Abiy Ahmed, paradossalmente premio Nobel per la Pace nel 2019, ha smentito l’attacco alla scuola, affermando di aver preso di mira solo siti militari e accusando i ribelli di mentire sulle morti tra i civili.

Kibrom Gebreselassie, direttore dell’ospedale di Macallè, ha però confermato che quattro persone sono rimaste uccise nell’attacco all’asilo, inclusi due bambini, mentre altri nove stanno ricevendo cure per le ferite riportate.

La rete locale Tigray TV ha affermato che il bilancio delle vittime sarebbe salito a sette morti e ha trasmesso le immagini di scivoli e altri giochi per bambini distrutti dall’attacco. “Per quasi due anni, i bambini e le loro famiglie nella regione hanno sopportato l’agonia di questo conflitto”, ha denunciato la direttrice dell’Unicef chiedendo lo stop delle ostilità.

Il bombardamento arriva due giorni dopo la ripresa dei combattimenti tra le forze governative e il Tplf al confine sud-orientale della regione ribelle del nord dell’Etiopia, scontri che hanno posto fine alla tregua iniziata a Marzo.

Bombe Etiopia Tigray: il governo smentisce l’attacco

Il governo etiope, naturalmente smentisce e spiega: “L’aviazione ha preso di mira solo obiettivi militari”, replicando alle accuse dei ribelli del Tplf. A causa delle difficoltà nel raggiungere le zone di conflitto, rimane comunque difficile verificare i crimini di cui governo e ribelli si accusano a vicenda.

Le autorità dalla capitale etiope, Addis Abeba, avevano avvertito ieri mattina i civili di un “imminente attacco aereo” e avevano consigliato l’immediata evacuazione dalle zone a ridosso di strutture militari. E dopo i bombardamenti hanno accusato il Tplf di farsi fotografare mentre scaricano “sacche per cadaveri senza nulla al loro interno nelle aree residenziali per affermare che l’aviazione aveva attaccato i civili”.

Anche il capo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l’etiope Tedros Ghebreyesus, ha espresso la sua preoccupazione per gl attacchi che negli ultimi giorni si sono registrati in tutto il paese, infatti, ci sono stati focolai di violenze anche nella regione Amhara, soprattutto al confine con il Tigrai.

L’inizio del conflitto

Il conflitto tra governo centrale e Tigrai è scoppiato a Novembre del 2020, meno di un anno dopo che il premier etiope, Abiy Ahmed, ha vinto il premio Nobel per la Pace grazie alla fine delle ostilità con la vicina Eritrea. Da una parte gli Stati Uniti e l’Europa hanno più volte fatto pressione su Abyi affinché fermi gli attacchi e inizi un dialogo con i ribelli, dall’altra Cina e Russia hanno deciso di sostenere il governo etiope con accordi militari e rifornimenti logistici. 

Situazione che, dopo la fragile tregua umanitaria raggiunta nel marzo scorso e infranta una settimana fa, ora potrebbe tornare a infiammare l’intera regione del Corno d’Africa.

Dal Novembre 2020, la guerra ha causato diverse migliaia di vittime e più di due milioni di sfollati. Centinaia di migliaia di etiopi sono precipitati in condizioni prossime alla fame, secondo le Nazioni Unite.

Da molti osservatori il conflitto è visto come lo scontro fra il tentativo del premier di superare l’attuale federalismo etnico e le resistenze di un’etnia, quella tigrina, che pur costituendo solo il circa 6% dei quasi 120 milioni di etiopi non si rassegna a un ridimensionamento dell’egemonia politico-economica che aveva esercitato sull’intera Etiopia per quasi tre decenni, sino all’avvento di Abiy.