Fanno impressione le immagini mostrate dalla Bbc che ritraggono l’impianto di Gnl di Portovaya, in Russia, a 40 km dal confine con la Finlandia, dove ogni giorno vengono bruciati milioni di metri cubi di gas. Scenario documentato anche dalle riprese satellitari della Nasa.
Il mistero dello stabilimento di gas liquefatto di Portovaya, tra Russia e Finlandia
La Bbc News ha diffuso una serie di immagini che ritraggono la colonna di fumo sopra lo stabilimento di gas naturale liquefatto a Portovaya, territorio russo al confine con la Finlandia. 4 milioni di metri cubi di gas vengono qui bruciati ogni giorno, secondo le analisi della società di ricerca energetica Rystad, per un controvalore economico di 10 milioni di euro.
La reazione d’impulso alla notizia è che la Russia non perda occasione per ribadire la sua egemonia e il proprio monopolio europeo in tema di gas, mentre il resto dell’Unione arranca chiudendo i rubinetti energetici. La vicenda, tuttavia, rischia di portare con sé anche un problema di natura ambientale sollevato dai cittadini finlandesi che vivono nei villaggi poco dopo il confine. Per gli esperti una prolungata esposizione ai fumi tossici (ma non quanto lo “sfogo” del metano che è responsabile dei gas serra) potrebbe compromettere l’equilibrio climatico del Circolo Polare Artico.
La spiegazione razionale suggerita dagli esperti, visto che Gazprom ha preferito non commentare la situazione, collega Portovaya a Nord Stream 1, il gasdotto che da un mese soffre di continui problemi e malfunzionamenti che ne compromettono la portata e il flusso. Molto spesso, infatti, le compagnie energetiche utilizzano delle soluzioni “tampone” che scongiurano la chiusura totale dello stabilimento (spesso onerosa) e cercare di domare i grandi quantitativi di gas che non riescono a essere incanalate e compresse. Il fenomeno del “gas flaring” sarebbe dunque stato pianificato in anticipo poiché, causa embargo Ue, non arrivano i componenti per sopperire a eventuali difetti nei macchinari.