Passi in avanti nella ricerca sulla malattia di Lyme: a Udine è stato messo a punto un nuovo test per rilevare il morbo, mentre è in fase di sperimentazione, a cura di Pfizer e Valneva, il vaccino contro l’infezione.
Malattia di Lyme: cos’è e come ci si contagia
La malattia di Lyme è una patologia infettiva di natura multisistemica (che può cioè interessare diversi organi e tessuti) causata da un batterio: la borrelia, che viene trasmesso all’uomo tramite il morso di una zecca infetta. Ecco perché, qualora ci accorga subito di essere stati punti dall’animale, occorre rimuovere il parassita immediatamente, prima che possa trasmettere il batterio responsabile della malattia. Per farlo occorre dotarsi di apposite pinzette, per evitare di spezzare la parte inoculata che, permanendo nella pelle, potrebbe provocare l’infezione. Dal momento che le zecche non sono in grado di volare, né di saltare, ma si posizionano in cima alla vegetazione, le zone più a rischio, negli ambienti boschivi o frequentati da animali, sono gli arti inferiori, le ascelle e l’inguine. Il morso è indolore, perché la saliva dell’animale contiene principi anestetici ed anti-infiammatori che servono a facilitarne il nutrimento, ma questo rende anche complicato accorgersi del morso e quindi, di conseguenza, scoprire di essere stati infettati. La diagnosi si basa sui sintomi (quelli di una classica influenza, come febbre, mal di testa, affaticamento e dolori articolari) e sulla più tipica eruzione cutanea: un arrossamento che si espande a partire da una macchia corrispondente al punto di inoculo e che può raggiungere fino ai 5 cm.
I passi avanti nella ricerca sul morbo
Si è assistito recentemente ad enormi passi avanti nel campo della ricerca sulla malattia di Lyme. È di qualche ora fa la notizia della messa a punto di un nuovo test per la diagnosi del morbo da parte di Maurizio Ruscio, docente all’Università di Trieste e presidente nazionale del Gruppo Italiano per lo Studio della malattia di Lyme (GISLM), tra i maggiori esperti del settore, insieme con l’azienda del settore sanitario Friuli Coram. Si chiama Interferon gamma per Borrelia e consiste in un test che consente di rilevare la presenza dell’agente infettivo responsabile della malattia di Lyme nei tessuti di una persona. Come spiega il professor Ruscio,
l’utilità di questo test è duplice: si positivizza all’esordio dell’infezione prima dei test sierologici tradizionali ma, in particolare, permette di documentare la scomparsa della Borrelia burgdorferi dopo la terapia antibiotica con maggior precisione rispetto ad altri test ed evitando così la somministrazione di ulteriori terapie non necessarie.
Un’importante scoperta, dunque, che si aggiunge ai progressi relativi al vaccino contro l’infezione, sviluppato con la denominazione di VLA15 dalle aziende Pfizer e Valneva. Si tratta di un vaccino che copre le sei più diffuse varianti dell’infezione e che, grazie al blocco della proteina OspA, impedisce al batterio di lasciare la zecca e di infettare l’uomo. I dati degli studi di fase 2, come sottolineano le case farmaceutiche, dimostrano la capacità del vaccino di indurre una forte risposta immunitaria nei confronti del patogeno sia negli adulti che nei bambini. Ora è al via la fase 3, che coinvolgerà più di 6mila persone dai 5 anni, a cui saranno somministrate tre dosi del siero più una dose booster dopo un anno, in aree in cui la malattia di Lyme è altamente endemica, come Finlandia, Germania, Olanda, Polonia, Svezia e Stati Uniti. Sarà l’ultimo step della sperimentazione che, se mostrerà esiti positivi, permetterà la vaccinazione della popolazione.