Devianze giovanili: psichiatra risponde alla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni: “I disturbi alimentari sono patologie”.
All’interno di un post che è stato pubblicato sui social network, Fratelli d’Italia ha classificato le patologie come l’anoressia e l’obesità ed altri disturbi alimentari come “devianze giovanili”.
Inoltre, insieme a queste patologie, sono state inserite all’interno di questo elenco anche la droga, l’alcolismo, il tabagismo, la ludopatia, il bullismo, l’autolesionismo, le baby gang e l’hikikomori.
Questa bizzarra lista ha suscitato della reazioni di indignazione in ogni ambito del contesto italiano, dalla politica alla società, e fino ad arrivare alla comunità scientifica.
In merito a questa vicenda, infatti, è intervenuto per esprimere la propria opinione tecnica il responsabile dell’Unità Operativa Disturbi Alimentari presso l’Auxologico Piancavallo di Verbania, Leonardo Mendolicchio.
Andiamo a vedere, dunque, che cosa ha dichiarato l’esperto in merito alla tematica relativa alle devianze giovanili e alla lista pubblicata da Fratelli d’Italia.
Devianze giovanili, psichiatra risponde a Giorgia Meloni: “Il post di Fratelli d’Italia rispecchia una retrocultura”
Il responsabile dell’Unità Operativa Disturbi Alimentari presso l’Auxologico Piancavallo di Verbania, Leonardo Mendolicchio ha effettuato delle dichiarazioni per spiegare cosa siano realmente i disturbi alimentari e le altre patologie che Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni hanno classificato come “devianze giovanili”.
“Quando parliamo di disturbi alimentari parliamo di patologie che non hanno a che fare con scelte comportamentali, costumi o condotte sociali, ma hanno a che fare con alterazioni della psiche e del corpo.
Dietro il termine ‘devianza’ potremmo leggerci una sorta di scelta, soggettiva e personale, nell’agire o nell’adottare determinati comportamenti. I disturbi alimentari, così come la condizione di hikikomori, l’autolesionismo e la ludopatia, sono invece delle patologie con cui una persona manifesta una sofferenza psicologica, che poi è diventata anche fisica”.
Il post di Fratelli d’Italia rispecchia una retrocultura che in effetti è presente nel nostro Paese. E cioè pensare che certe sofferenze siano in realtà degli atteggiamenti capricciosi: non mangio o mangio troppo perché non ho cura di me stesso; mi chiudo in camera perché voglio giocare tutto il giorno ai videogame ed evitare lo studio. È la lettura più semplice, che in qualche modo deresponsabilizza.
Si tratta invece di condizioni di malessere che spesso nascono da traumi, abusi, soprusi culturali. I traumi che i ragazzini possono subire in età adolescenziale sono uno dei principali fattori di rischio scatenanti i disturbi alimentari. Di questo ci dobbiamo occupare, delle questioni sociali che determinano la sofferenza delle persone”.
Il fondo per il contrasto dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione
In Italia da anni si sta cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica ed i cittadini in merito alle patologie relative ai disturbi alimentari, anche se fino ad ora non era stato fatto nulla di concreto.
Invece, nel mese di dicembre dello scorso anno, con l’approvazione della Legge di Bilancio 2021 è stato istituito un apposito fondo per il contrasto dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione.
Un grande passo in avanti quindi per il nostro Stato, il quale ha previsto uno stanziamento di 25 milioni di euro ed ha riconosciuto queste patologie in una categoria a parte dei Livelli essenziali di assistenza, rispetto a quelle di tipo psichiatrico.
Ecco quali sono state le parole in merito da parte del responsabile dell’Unità Operativa Disturbi Alimentari presso l’Auxologico Piancavallo di Verbania, Leonardo Mendolicchio:
“È importante che si continui su questa linea, perché dopo la pandemia, quando i disturbi alimentari sono esplosi, anche i prossimi cinque saranno caratterizzati da un incremento di casi.
Ora bisognerebbe valutare ciò che le Regioni stanno mettendo in campo dopo aver ricevuto i finanziamenti, ci vorrebbe una sorta di cabina di regia nazionale presso il ministero della Salute o l’Istituto superiore di sanità.
Poi bisognerebbe fare uno studio epidemiologico nazionale per capire davvero quanti italiani soffrono di queste problematiche e infine fare un piano di prevenzione tramite la scuola”.