Per i 43 studenti scomparsi in Messico nel 2014, per la prima volta viene riconosciuta la responsabilità delle autorità federali e statali e si ipotizza il “crimine di Stato”. Arrestato anche l’ex procuratore e 64 tra militari, funzionari e poliziotti che dovevano cercare la verità.
Giovedì scorso una commissione governativa del Messico ha comunicato i risultati preliminari, presentati da Alejandro Encinas, sottosegretario ai Diritti umani del governo federale, di un’indagine in corso sui 43 studenti scomparsi nel 2014 a Ayotzinapa, nello stato messicano di Guerrero. Uno dei casi di cronaca più noti, discussi e contestati che hanno riguardato il Messico negli ultimi anni, dopo questi risultati si fa sempre più strada l’ipotesi di un “crimine di Stato”.
Encinas ha detto che: “in ogni momento le autorità federali, statali e municipali erano a conoscenza della mobilitazione degli studenti, dal momento in cui hanno lasciato la Scuola Normale Isidro Burgos, fino alla loro scomparsa. Azioni, omissioni e cooperazioni delle autorità, hanno permesso la scomparsa e l’eliminazione degli studenti, così come l’omicidio di altre 6 persone”.
Il sottosegretario ha poi elencato le istituzioni dello stato coinvolte nella vicenda, tra le quali la polizia federale e la Marina, sottolinenando che verranno punite le responsabilità personali di elementi di queste istituzioni.
Il rapporto sul caso redatto dal ministero dell’Interno afferma che nella strage avrebbero avuto un ruolo anche i narcos del cartello noto come Guerreros Unidos, mentre alcuni membri della Marina militare risultano indagati per aver manomesso le prove durante le prime indagini.
Messico 43 studenti scomparsi: il presidente ha lottato per cercare la verità
Sul caso del 43 studenti scomparsi in Messico, si è espresso lo stesso presidente Lopez Obrador che ha più volte promesso verità e giustizia.
Un “crimine di Stato”. Così, in tre parole, la Commissione per la Verità e l’Accesso alla Giustizia, voluta tre anni e mezzo fa dal presidente Andrés Manuel López Obrador, definisce la scomparsa dei 43 studenti della scuola normale Isidro Burgos di Ayotzinapa avvenuta il 26 settembre del 2014 a Iguala.
Una conclusione drastica e finalmente chiara nel pozzo di menzogne e depistaggi che hanno scandito questo giallo infinito. Decisi a impossessarsi, come ogni anno, di cinque bus con cui andare alla manifestazione che commemorava la strage di Tlatelolco del 2 ottobre del 1968, gli studenti di questo piccolo centro dello Stato di Guerrero vennero inseguiti, bloccati, feriti da un dispiegamento eccezionale di forze dell’ordine e quindi fatti sparire in circostanze misteriose.
Le indagini ufficiali stabilirono che i ragazzi erano stati consegnati dalla polizia locale al Cartello dei Guerreros Unidos e da questi sommariamente uccisi con un colpo di pistola alla nuca e infine bruciati in un grande falò allestito nella discarica comunale tra i boschi di Iguala. Una versione di comodo che puntava a far tacere l’enorme impatto, anche internazionale, provocato dalla vicenda.
Per sostenere questa versione la Procura generale, con l’appoggio dell’allora presidente Enrique Peña Nieto, fornì il video con la confessione di tre appartenenti al cartello dei Guerreros che ammettevano di aver fatto fuori e poi bruciato i 43 studenti. I familiari però non hanno mai creduto a questa tesi che nel giro di pochi mesi si è rivelata falsa.
Subissato dalle critiche e dal coinvolgimento attivo di interi apparati militari dello Stato, il governo ha acconsentito alla formazione di una Commissione internazionale di esperti che ha lavorato per due anni raggiungendo conclusioni opposte, infatti si pensa che la notte tra il 25 e il 26 Settembre del 2014 ci fu una vera caccia all’uomo con la partecipazione di diversi corpi di polizia, fanti della Marina, soldati dell’Esercito, uomini e apparati dell’intelligence. I 43 studenti vennero quindi, bloccati e fatti scendere dai bus e fatti sparire. Una volta eletto, l’attuale presidente, questo, fece riaprire le indagini per cercare finalmente la verità.
Arrestato l’ex procuratore Jesus Murillo
Arrestato, l’ex procuratore generale Jesus Murillo, dopo che la commissione per la verità ha emesso ieri un rapporto sul caso dei 43 studenti scomparsi in Messico nel 2014.
A seguito del caso, che ha suscitato molte proteste Murillo, è stato sottoposto a forti pressioni come procuratore generale nel 2014 per risolvere il caso di scomparsa. Ma ha destato sospetto la repentina chiusura del caso da parte del procuratore che ha subito detto che gli studenti erano stati uccisi da una banda di narcotrafficanti e che i corpi erano stati bruciati in una discarica.
L’attuale pubblico ministero ha accusato Murillo di manipolazione dei media e ha orchestrato una cortina di nebbia nel caso già nel 2020. Nelle indagini di Murillo, tutto è andato bene, ci sono stati falsi arresti ed errori nelle prove, il che ha portato alla mancata incriminazione della maggior parte dei membri sospetti della banda.
Inoltre la commissione d’inchiesta ha annunciato che anche i militari hanno avuto un ruolo nel caso, un soldato infatti, si è insinuato nel gruppo di studenti e l’esercito non è intervenuto, anche se potrebbe essere stato a conoscenza di ciò che stava accadendo poiché l’incidente è avvenuto nei pressi di una grande base militare.
Il Messico sta anche cercando di perseguire Thomas Zyron, uno dei subordinati di Murillo per aver manomesso le indagini della polizia che però risulta essere scappato in Isreale.