Accadde oggi, 20 agosto 1968: l’URSS stronca la Primavera di Praga. Nella mattinata del 20 agosto di 54 anni fa, 200.000 soldati del Patto di Varsavia e 5.000 carri armati guidati da Mosca, invasero la Cecoslovacchia per porre fine al processo di democratizzazione del Paese avviato da Alexander Dubcek.

Accadde oggi, 20 agosto 1968: l’URSS stronca la Primavera di Praga

La Primavera di Praga è stato un periodo storico di liberalizzazione politica avvenuto in Cecoslovacchia all’epoca in cui questa era sottoposta al controllo dell’Unione Sovietica, dopo gli eventi successivi alla Seconda guerra mondiale e nell’ambito della Guerra Fredda tra capitalismo e comunismo. Tutto cominciò il 5 gennaio 1968, quando lo slovacco Alexander Dubcek divenne segretario del Partito Comunista cecoslovacco.

Le riforme della Primavera di Praga

Le riforme avviate da Dubcek furono un tentativo di concedere nuovi diritti ai cittadini grazie ad un decentramento parziale dell’economia e alla democratizzazione. Le libertà concesse inclusero un allentamento delle restrizioni alla libertà di stampa e di movimento. Dopo una discussione nazionale sulla possibilità di dividere il paese in una federazione di tre repubbliche, Boemia, Moravia-Slesia e Slovacchia, Dubcek sostenne la decisione per la divisione della Cecoslovacchia in due nazioni distinte: la Repubblica Ceca e la Repubblica Slovacca. In pratica la situazione odierna scaturita dopo il crollo dell’Unione Sovietica.

La riforma che scatenò l’ira del Cremlino

Mosca mise sotto accusa in particolare le riforme per il decentramento delle autorità amministrative e le libertà di espressione. Pertanto, dopo il fallimento dei negoziati, i russi, il 20 agosto 1968, inviarono migliaia di soldati e carri armati del Patto di Varsavia a occupare la Cecoslovacchia. Dubcek fu arrestato. Rispetto all’invasione dell’Ungheria del 1956, nel 1968 l’URSS coinvolse anche le Nazioni che facevano parte del Patto di Varsavia; un modo per dividere la condanna del mondo intero e non concentrarla tutta su Mosca.

Le conseguenze della repressione sovietica

Dopo l’invasione si verificò un’ ondata di emigrazione verso i paesi dell’Europa occidentale. Inoltre, le proteste non violente furono all’ordine del giorno, tra cui: la protesta-suicidio dello studente Jan Palach e di altre persone che lo emularono dandosi fuoco in piazza a Praga. La Cecoslovacchia entrò in un periodo detto di normalizzazione: i leader successivi annullarono tutte le riforme introdotte, ripristinando le condizioni politiche ed economiche antecedenti a Dubcek. La Cecoslovacchia, di fatto, rimase occupata fino alla caduta del muro di Berlino che segnò la fine del blocco sovietico.