Partito Democratico: al posto delle primarie ci sarà un “confronto con i segretari e i capigruppo”. Si può fare oppure questa decisione viola lo statuto?
Andiamo, dunque, a vedere insieme se il regolamento delle candidature viola lo statuto del Pd.
Partito Democratico, al posto delle primarie ci sarà un “confronto con i segretari e i capigruppo”: ecco che cosa dice lo statuto
Ecco che cosa dice lo statuto riguardo la selezione dei candidati e la formazione delle liste. In particolare, ecco che cosa è contenuto all’interno del primo comma dell’art. 25:
“La selezione delle candidature per le assemblee rappresentative avviene a ogni livello con il metodo delle primarie oppure, dove il sistema elettorale preveda l’espressione di preferenze, con altre forme di ampia consultazione democratica“.
Dopodiché, in seguito ad aver specificato quali sono le modalità nelle quali vanno convocate le primarie del partito, il suddetto articolo prosegue affermando che:
“La scelta degli specifici metodi di consultazione da adottare per la selezione delle candidature a parlamentare nazionale ed europeo è effettuata con un regolamento approvato di volta in volta dalla Direzione nazionale”.
Questo significa in sostanza che il Partito Democratico ha il dovere di approvare una lista di regole per le consultazioni.
Ma andiamo ora a vedere che cosa dice in merito il regolamento del Pd che è stato approvato lo scorso 26 luglio, il quale rimanda, appunto, alle disposizioni che sono contenute all’interno dell’art. 25 dello statuto:
“Ai fini di garantire le forme di ampia consultazione democratica previste dal comma 1 dell’articolo 25 dello statuto del Pd, il segretario nazionale promuove un confronto con i segretari regionali e i presidenti dei gruppi parlamentari di Camera e Senato ai fini delle selezione delle candidature“.
“Confronto con i segretari e i capigruppo” invece delle primarie: ecco i precedenti
Le informazioni che sono contenute, per l’appunto, all’interno del regolamento che il Partito Democratico ha approvato lo scorso 26 luglio riguardo alle primarie, e che abbiamo appena finito elencare durante il corso del precedente paragrafo, ci dicono qualcosa di diverso rispetto allo statuto.
In particolare, quest’ultimo fa riferimento alla possibilità di ricorrere ad un’“ampia consultazione democratica”, solamente nei casi in cui la legge elettorale abbia le preferenze.
In questa circostanza, invece, non essendoci queste ultime, il Partito Democratico avrebbe dovuto procedere con “la selezione delle candidature con il metodo delle primarie”, così come viene specificato all’interno del primo comma dell’art. 25 dello statuto.
La stessa situazione era già capitata due volte: nel 2012, quando Pierluigi Bersani utilizzò lo strumento delle primarie, e nel 2017, quando si ricorse a delle consultazioni simili a quelle che stanno avvenendo quest’anno.
Partito Democratico, il regolamento delle candidature viola lo statuto? Ecco la spiegazione dell’avvocato Felice Besostri
L’unica cosa che potrebbero fare gli esponenti del Partito Democratico è quella di fare ricorso presso un giudice civile, in modo da far annullare la delibera dell’Assemblea nazionale che ha approvato le liste dei candidati del Pd.
Ma quest’azione sarebbe veramente utile per quanto riguarda l’esito finale delle elezioni? Ha risposto a questa domanda l’avvocato Felice Besostri, ex senatore per i Democratici di Sinistra dal 1996 al 2001, noto soprattutto per le abrogazioni parziali del Porcellum e dell’Italicum, durante un’intervista a Il Fatto Quotidiano:
“Gli statuti dei partiti non vincolano in alcun modo la presentazione delle liste.
Il caso del Movimento 5 Stelle, così come uno simile che ha coinvolto il Psi, è diverso: riguarda una vertenza interna. La giurisprudenza non è intervenuta sulle liste depositate nemmeno in un caso in cui contenevano nomi diversi da quelli approvati dagli organi del partito.
A differenza di altri Paesi, infatti, in Italia non esistono ricorsi efficaci contro la Pubblica amministrazione in questa materia, come richiederebbero la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Un ricorso civile non potrebbe avere alcun effetto sulla procedura elettorale”.