Uno dei motivi di riflessione in vista delle elezioni politiche del 25 settembre è l’astensionismo. Ci sarà, non ci sarà, quali dimensioni avrà e perchè potrebbe esserci. Domande a cui rispondono politologi e politici. La risposta l’avremo solo a urne chiuse. Quello che manca, nella discussione di questi giorni, è un dato certo: c’è chi vorrebbe votare ma la distanza e i costi non glielo permettono. Si chiama astensionismo  forzato. A sollevare il problema è uno studente universitario fuorisede che ha diffuso sui social il suo pensiero. In sintesi: “Sono del sud e studio a Milano. A settembre ci sono le lezioni e gli esami. Oltre ai costi da sostenere devo sottrarre molto tempo alla preparazione. Vorrei votare ma come faccio?”.

Studenti e lavoratori fuorisede in difficoltà per partecipare al voto

In questa situazione ci sono molti studenti e lavoratori precari fuorisede. Hanno la residenza in un luogo diverso dal domicilio lavorativo o universitario. Secondo uno studio quest’anno circa 5 milioni di cittadini dovranno scegliere se tornare a casa per esprimere la loro preferenza politica oppure “osservare” da lontano chi potrà deporre la scheda nell’urna. Sono spostamenti gravosi sotto vari punti di vista, per questioni di tempo e di denaro. Sembra un paradosso ma per i cittadini italiani che vivono all’estero per motivi di studio, di lavoro o per cure sanitarie è più facile votare. In parlamento sono state presentate alcune proposte di legge per consentire di votare ai fuorisede ma l’interruzione dei lavori ha bloccato l’iter. Saranno ripresentate all’inizio della nuova legislatura?

Stefano Bisi