La tigre della Tasmania è uno di quegli animali che la maggior parte delle persone non hanno mai visto se non in fotografia. Il felino, infatti, si è estinto nella prima metà del secolo scorso, a causa del crescere della popolazione mondiale che l’ha privata del suo habitat naturale. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Scientific American, però, sembrerebbe voler riportare in vita l’animale.
Una tigre della Tasmania 2.0 è possibile o solo un sogno?
Stiamo parlando della Colossal Biosciences ovvero la società di “de-estinzione”, con sede in Texas, che avrebbe intenzione di riportare in vita la “Thylacinus cynocephalus” nota anche come tigre della Tasmania vissuta per l’appunto in Tasmania, Australia e Nuova Guinea. L’ultimo esemplare ritratto in fotografia risale al 1933, prima di essere trasportata allo zoo di Habart dove morì tre anni dopo nel 1936. Come reperto, però, è presente anche un video a colori, da cui gli stessi ricercatori avrebbero iniziato il loro lavoro. L’azienda che ha avviato il progetto è in collaborazione con l’università di Melbourne, sarebbe già a buon punto il sequenziamento di buona parte del genoma dell’animale.
Nonostante per molti l’animale non si sia realmente estinto, sequenziare il suo DNA è possibile poiché si tratta di un animale vissuto in un periodo relativamente recente. Il materiale genetico, infatti, è abbondante e di buona qualità ed il fatto che il suo habitat risulti ancora intatto, rappresenta un elemento da non sottovalutare. Si tratta di un progetto suddiviso in un due step principali.
La tabella di marcia è già stabilita e avviata. Nella prima fase l’obiettivo è appunto quello di sequenziare il DNA, con il 96% del materiale genetico già trovato. Nella seconda, invece, verrà effettuato il confronto tra il genoma sequenziato della tigre della Tasmania e quello del dunnart dalla coda grassa, ovvero un marsupiale dalle dimensioni di un topo, considerato parente molto stretto della tigre. Solamente al termine di questa fase, e grazie alla tecnologia CRISPR, si lavorerà nello specifico sulle cellule staminali affinché il codice genetico sia il più possibile vicino a quella della tigre della Tasmania creando quindi un embrione vivente geneticamente modificato.