Non è grave come la guerra, non mette paura come i cambiamenti climatici e la pandemia ma per l’economista Leonardo Becchetti “l’Italia si trova improvvisamente di fronte alla prova di un nuovo terribile flagello, un virus rispetto al quale nessuno di noi può dirsi del tutto immune e che tutti dobbiamo combattere innanzi tutto in noi stessi: il narcisismo”. E l’agorà digitale mette in risalto questa caratteristica negativa perché se è vero che la tecnologia offre nuove opportunità per comunicare, per apprendere informazioni, se mal utilizzata può alimentare una vera e propria patologia, la sindrome da disconnessione. Di questi temi e su come affrontarli, su quali regole adottare ne parlano il presidente emerito della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick e la figlia Caterina, avvocata ed esperta di problematiche digitali, nel libro “L’algoritmo d’oro e la torre di Babele” (edizioni Baldini e Castoldi – 18 euro).

Etica e responsabilità al tempo dell’algoritmo nel libro dei Flick

In una recensione del volume il giornalista Giancarlo Saltalmassi scrive che siamo “disarmati di fronte alle derive imposte dalla civiltà digitale, anche per l’entusiasmo che proviamo di fronte alle comodità che induce (mi riferisco all’e-mail)”. E ha un timore, “che le tecnologie scavalchino e sostituiscano la persona anche nelle funzioni più connaturate alla sua identità e alla sua coscienza catapultandoci in un mondo in cui i concetti di etica e responsabilità nelle loro diverse declinazioni sociali, giuridiche e politiche, perderanno significato”. E’ il futuro. Anzi, siamo già nel futuro e la tecnologia deve essere governata e non può essere il cittadino ad essere sottomesso a questa. Il filosofo Luciano Floridi ha creato un neologismo, onlife, che unisce le parole online e offline. Ritiene che viviamo nel tempo in cui “bisogna costruire la zattera mentre stiamo nuotando”. Insomma, essere nel nostro tempo ma senza esserne schiavi.

Stefano Bisi