Maurizio Sarri si racconta in una lunga intervista al Corriere dello Sport, lo fa in maniere inedita e senza troppi giri di parole. L’allenatore non è un uomo di molte parole ma ha sempre lavorato a testa bassa senza troppi proclami, il minimo indispensabile per lasciar poi parlare il campo. Ha parlato di idee di calcio, delle sue squadre passate e del suo presente, la Lazio, la squadra che quest’anno ha subito una decisiva rivoluzione secondo anche i suoi piani. Le richieste avanzate al presidente Claudio Lotito e al direttore sportivo Igli Tare sono arrivate forti e chiare, e Sarri ha potuto assistere alla nascita di una nuova Lazio. Con il campionato ormai alle porte, gli acquisti non sono ancora finiti: l’allenatore aspetta ancora un secondo portiere di livello e, dopo l’arrivo di Maximiano, questo potrebbe essere Ivan Provedel dello Spezia.
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— S.S.Lazio (@OfficialSSLazio) March 23, 2022
Sarri e l’intervista: “La mia Juve era a fine ciclo”
Nell’intervista rilasciata al Corriere dello Sport, Sarri ha parlato delle sua filosofia del calcio, del suo gioco e delle squadre che ha avuto il piacere di guidare in questi anni, a partire dal Napoli che più ha espresso le sue idee. “L’ultimo Napoli, quello dell’ultimo anno intendo. Giocava il calcio che avevo in mente, un calcio di coinvolgimento totale. Ma anche nelle stagioni di Empoli avevo ricevuto dai ragazzi quello che volevo. Al Chelsea e alla Juve sono stato troppo poco per poter incidere in maniera pesante”. In una Juve a fine ciclo di successi, Sarri ha potuto allenare anche il campione portoghese Cristiano Ronaldo. “Ho il rimpianto di non averlo allenato da giovane (…) la squadra doveva adattarsi a lui, e non il contrario. A me piace un calcio dove tutti si mettono a servizio del collettivo”. Al Napoli, invece, ridisegnò il ruolo di Dries Mertens. “Avevamo tre esterni d’attacco per due posti, la grande qualità di Lorenzo e l’equilibrio che garantiva Callejòn erano imprescindibili, così Mertens trovava poco spazio. A Bergamo, in dieci contro undici, tolsi Higuaìn e misi Dries centrale. Venti minuti mostruosi”.
Sarri: “Ricambio necessario alla Lazio”
Al secondo anno alla Lazio, Sarri ha parlato nell’intervista dell’ambiente biancoceleste e di chi lo popola. “Qui sto bene, mi piace l’ambiente, ho la possibilità di esprimermi e soprattutto di divertirmi. Anch’io sono cambiato, ora il lavoro mi deve procurare divertimento, è cambiato il mio sentimento nei confronti del calcio. Mi piace anche la gente laziale, da fuori mi ero fatto un’idea completamente diversa, sbagliata. Il 99% del popolo laziale è formato da famiglie, da giovani”. Sarri ha anche spezzato una lancia a favore del presidente: “Non riesco a capire fino in fondo i motivi della sua impopolarità. Comunicazione? Possibile. Ma Lotito ha preso la Lazio che era un disastro e bene o male la tiene costantemente tra le prime 5, 6 e in Europa. Pensa, io lo trovo piacevole, è un uomo di spirito ed è uno che ti ascolta. Lotito avrà mille altri difetti, ma è di rara intelligenza, ha una cura ossessiva dei dettagli e soprattutto sul piano sportivo lascia piena autonomia“. Nell’intervista, Sarri ha parlato anche di mercato: “Se non mi viene chiesto un nome non lo faccio. Illustro le caratteristiche tecniche, i parametri caratteriali della figura che mi serve, e pongo molta attenzione sul dato anagrafico. La stagione scorsa eravamo una delle squadre più vecchie d’Europa, il ricambio era necessario“.
“Non penso più alla carriera: voglio il piacere e il divertimento”
Ma perché poi la Lazio non vince? “Le manca l’equilibrio della grande squadra. Tanto quello mentale quanto quello tattico. Nella partita secca poteva e può battere chiunque, il guaio che è molto spesso si fa mancare, si perde. Quello che desidero quest’anno è mostrare una squadra vera e dai primi allenamenti ho ricevuto sensazioni molto positive“. La chiusura dell’intervista è poi tutta personale, e Sarri ha fatto chiarezza su quello che gli altri pensano di lui. “Se mi riconosco nella figura che mi hanno cucito? Per niente, ma m’importa ’na sega. Sono molto diverso da come vengo descritto, per anni ho svolto un altro lavoro e non ho assorbito la superficialità del calcio. Sognavo di allenare una grande squadra e ci sono riuscito non una, ma più volte. A 63 anni non penso più alla carriera e i soldi sono meno importanti, mi sono evoluto: voglio il piacere, il divertimento e la Lazio può darmeli. Lavoro per creare una squadra vera, 25 giocatori che pensano allo stesso modo, per certi versi antistorica: il gioco del calcio per sua natura è collettivo e invece anche voi della stampa l’avete trasformato nel paradiso dell’individualità”. Parola di Maurizio Sarri.